CAPPUCCETTO ROSSO E IL RAGNAROK di Gaetano Dini

Una favola molto nota

Cappuccetto Rosso è una favola europea scritta in diverse varianti, le più note sono quelle di Charles Perrault del 1697 e dei Fratelli Grimm del 1857.
Nella sua trama i significati di Fiaba e Favola si sovrappongono tra loro.
La trama è questa.
Cappuccetto Rosso, che indossa appunto una mantellina e cappuccio rossi, viene mandata dalla mamma… “non a prendere il latte” come nella canzone cantata da Gianni Morandi, ma piuttosto a portarlo, dentro un cestino pieno di cose buone, alla nonna ammalata che abita di là del bosco.
La mamma e Cappuccetto abitano in una casetta poco fuori il villaggio al limitare del bosco. Quindi la bambina lo deve attraversare tutto per poter andare dalla nonna. Nel bosco o foresta che sia, la bambina incontra un lupo che astutamente si fa dire l’ubicazione della casa della nonna.
Il lupo precede la bambina nella casa della nonna, bussa dicendo di essere sua nipote; appena aperta la porta entra in casa e divora la vecchia.
Dopo un po’ arriva in casa Cappuccetto Rosso che si avvicina al letto della nonna ammalata. Nel letto c’è invece il lupo che divora anche lei.

Nell’immagine a lato,
“Cappuccetto Rosso” di Arthur Rachkam


Ma un cacciatore amico della nonna si accorge di quello che è accaduto. 
Entra in casa e trova il lupo addormentato. Gli apre col coltello la pancia, da cui escono vive nonna e nipote.
Il cacciatore riempie di sassi la pancia del lupo e la ricuce.
Al suo risveglio il lupo, sentendosi pesante, esce fuori per prendere una boccata d’aria, ma subito dopo muore.
Il cacciatore scuoia il lupo e ne porta via la pelle.
Un altro giorno Cappuccetto Rosso torna a trovare la nonna e dentro il bosco incontra un altro lupo, cui dà indicazioni sbagliate sull’ubicazione della casetta della nonna. 
La bambina corre subito ad avvisare la nonna che sbarra la porta e non apre al lupo. 
Allora questi sale sul tetto e si cala dal camino. Avendo previsto la mossa, la nonna aveva messo a bollire acqua in un grande pentolone, nel quale il lupo cade e muore.

Gli studiosi moderni/contemporanei di Fiabe e Favole vedono in chiave psicanalitica una corrispondente sessuale nella trama del racconto.
Siccome le prostitute fin dal Medioevo vivevano in case decentrate, appartate dai paesi, Cappuccetto Rosso vivendo con la mamma appena fuori paese al limitare del bosco, viene vista come una giovane prostituta che alla fine si redime dalla propria vita.
La mantellina di colore rossastro era infatti un abbigliamento tipico delle prostitute medievali, che in questo modo si facevano riconoscere subito dai potenziali clienti.
Altra interpretazione vede nella mantellina e cappuccio di colori rossi l’ingresso femminile nella pubertà in quanto le mestruazioni sono di colore rosso .L’attraversamento del bosco da parte di Cappuccetto Rosso significa vivere da ora in poi la vita come giovani adulte con le responsabilità che questo comporta e i pericoli che si possono incontrare sono rappresentati dalla figura del lupo che simboleggia l’elemento maschile predatore.
Altra interpretazione ancora vede nella trama della favola la presenza dell’elemento antropofagia, verificatosi a volte nell’Europa medievale durante terribili pestilenze e carestie in cui si verificarono casi di cannibalismo.

Tutte interpretazioni, queste, acute e didascaliche.
Cappuccetto Rosso è una fiaba/favola che è in circolazione ormai da qualche secolo. Quello che a noi viene trasmesso sotto forma di Fiabe/Favole rientra nella dimensione del Folclore popolare. 
Rappresentano una espressione involuta, divenuta inconscia anche per chi le scrive, di significati e vissuti che furono alla base di precedenti epoche storiche e civiltà.
Possibile che, relativamente alla trama di Cappuccetto Rosso, agli studiosi moderni/contemporanei, alcuni di essi anche “cervelloni” universitari, non sia venuta in mente la mitologia germanico/norrena relativa al dio Odino e al Ragnarok?
Am meravei!”, Mi meraviglio!, detto in dialetto romagnolo.
Il  Ragnarok è la fine dei tempi germanico/norreno dove le forze del bene e del male combattono tra loro. Epoca questa che viene descritta anche dalla mitologia greco/romana e dal Cristianesimo, rispettivamente come la fine dell’Età del Ferro e la Fine dei Tempi.
Le relative fonti letterarie sono rappresentate dall’Edda Poetica di composizione anonima norrena e dall’Edda in prosa di Snorri Sturluson (1178 – 1241), uomo politico islandese e magnifico scaldo norreno. Entrambi i poemi sono dei primi decenni del 13° secolo.
La mitologia germanico/norrena era ben conosciuta dalle popolazioni germanico/scandinave già in epoca di dominazione romana della Germania e senz’altro anche prima. 

Vediamo ora come i personaggi presenti nella fiaba/favola di Cappuccetto Rosso trovino delle corrispondenze con quelli della suddetta mitologia.
La mamma di Cappuccetto Rosso che le dice di andare a trovare la nonna rappresenta l’impulso irrefrenabile che fa scorrere il tempo. Il bosco (o foresta che sia) attraversato dalla bambina simboleggia l’epoca umana fin qui vissuta.
Nonna e nipote con la loro anzianità e gioventù simboleggiano Odino/Wotan, il re degli dei Asi la cui figura è mitologicamente presente dai primi tempi fino agli ultimi.
Il cestello pieno di cose buone simboleggia la spiritualità e le virtù residue proprie dell’umanità all’avvento del Ragnarok, cose buone che saranno strumento di difesa, attacco e vittoria contro le forze delle tenebre.
Il primo lupo della fiaba/favola rappresenta Fenrir, il gigantesco lupo che si scatenerà alla fine dei tempi e che ucciderà Odino. Fu infatti incatenato dagli dei con catene sempre più robuste che lui sistematicamente spezzava. Allora gli dei costruirono una catena magica indistruttibile che sembrava un leggero nastro di seta composta da “rumore del passo di gatto, barba di donna, radici di montagna, tendini d’orso, respiro di pesce, saliva d’uccello”.

Ma con l’avvento del Ragnarok tutti i precedenti legami saranno spezzati e così anche quella magica catena dalla composizione così paradossalmente divina, liberandosi quindi il lupo che attaccherà gli dei alleato coi Giganti e con altre forze del caos e delle tenebre. 
Fenrir rappresenta quindi il decadimento spirituale, il materialismo avanzante del mondo che culmina con l’avvento finale del Ragnarok.
Fenrir è figlio di Loki e della gigantessa Angrbda. Loki, sebbene appartenga alla schiatta divina degli Asi, è dio fondatore delle arti e mestieri umani, ma anche dio dell’astuzia, degli inganni e della distruzione. E’ quindi espressione anche lui del decadimento spirituale e delle malizie che insorgono nell’umanità con il passare del tempo.
Il secondo lupo della fiaba/favola ricorda l’altra immagine mitologica di Fenrir, quella del cane Garmar, un feroce mastino che sorveglia l’entrata di Hel, il regno dei morti.
Fenrir e Garmar sono alleati dei Giganti (chiamati in norreno Jotnar, singolare Jotun la cui radice linguistica è rimasta nel verbo inglese To Eat, Mangiare, quindi esseri giganteschi e forti, grandi mangiatori) e con loro come alleati ingaggiano una battaglia escatologica contro gli dei Asi, dai quali verranno inesorabilmente sconfitti.
Trama mitologica questa che ricorda le trame della mitologia greco/romana con le battaglie dei Titani e dei Giganti contro gli dei dell’Olimpo.

Nel Ragnarok germanico/norreno la stirpe degli uomini è difesa e rappresentata da quella degli dei Asi, che si sono però umanizzati in quanto le loro madri sono Gigantesse. Il Cacciatore della fiaba/favola richiama direttamente la figura di Vidar (Widar), dio Asi figlio di Odino, che nella battaglia finale uccide il lupo Fenfir vendicando così il padre. Lo ucciderà con un colpo di spada al cuore dopo avergli tenuto aperte le mascelle.
Vidar (Widar) sopravviverà con altri dei al Ragnarok e darà vita ad una nuova generazione divina e indirettamente anche umana.
Vidar, anche lui figlio di una gigantessa, Gridr, sta a indicare come col trascorrere inesorabile del tempo  anche gli dei Asi si siano ontologicamente umanizzati. Vidar è chiamato “il Silenzioso”, ma il suo è un silenzio rituale.
L’etimologia del suo nome si vuole derivi dall’aggettivo norreno Vidr, che significa Ampio, Grande. Io propongo invece la radice linguistica nordica che è rimasta e viene offerta oggi nella parola inglese Wisdom, Saggezza, da cui Wise, Saggio.
E una delle prerogative del Saggio è quella di meditare molto e parlare poco, solo quando è necessario, essere “Silenzioso” appunto.

Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Aprile 2023