HIRPI SORANI di Gaetano Dini

Gli Hirpi Sorani

L’arcaico termine Hirpus significava Lupo nelle lingue umbro-sabelliche, vedi il nome Irpini che si diede l’antica popolazione campana.
Gli Hirpi Sorani dovevano appartenere per tradizione a famiglie falisce e officiavano i loro riti sul Monte Soratte.
Tra gli Hirpi Sorani c’erano questi due popoli:
Falisci:  Popolo affine a Sabini, Equi e Latini. La loro capitale era Faleri Veteres, oggi Civita Castellana in provincia di Viterbo. Nel loro territorio sorgeva il Monte Soratte, sacro al dio Sorano.
Capenati: confinanti e affini ai Falisci. La loro capitale Saperna viene verosimilmente identificata con l’odierna Capena in provincia di Roma. Nel loro territorio sorgeva il “Lucus Feroniae”, santuario dedicato alla dea Feronia, antica dea sabina, protettrice dei boschi e delle messi, celebrata dai malati e dagli schiavi affrancati.

I Falisci e i Capenati col tempo entrarono nell’orbita etrusca della città di Veio, della quale subirono la stessa sorte dopo che questa fu conquistata dai Romani.
La loro ritualità prevedeva che camminassero su carboni ardenti senza ustionarsi, reggendo interiora di capre sacrificate al dio Sorano.
I gruppi familiari appartenenti agli Hirpi Sorani in epoca repubblicana vennero esentati dal Senato romano dal servizio militare e da altri vari obblighi.
Sorano fu un’antica divinità italica il cui centro di culto era sul Monte Soratte, monte sacro con profonde cavità carsiche, che si erge isolato sulla campagna circostante. 
La presenza di queste profonde grotte fece di Sorano un dio del mondo sotterraneo, rimanendo nel contempo dio solare e benevolo verso gli uomini.
Si vuole anche associare questo antico dio italico a Suri, dio etrusco degli inferi.

Il mito racconta che alcuni pastori, mentre officiavano agli dei, si videro portare via dai lupi alcuni oggetti sacri. Allora si misero al loro inseguimento e, raggiunti i lupi presso una grotta, si ammalarono per il fiato pestilenziale che da essa esalava.
Consultato un oracolo per sapere come debellare il morbo, i pastori si sentirono rispondere che per sconfiggere la pestilenza si sarebbero dovuti comportare come lupi, vivere cioè di agguati e rapine.
Nella loro antica attività di rapina e di saccheggio, i popoli Falisci e Capenati si rendevano conto,  per la  condotta  di vita che tenevano, di  non poter officiare a dei solari, dei dell’ordine giuridico, della retta condotta sociale ma a dei che in qualche modo presentassero in sé anche lati sinistri, quasi fuggiaschi, come la dea Feronia protettrice degli schiavi affrancati e il dio Sorano, protettore degli accessi agli inferi!

Fuor di leggenda, anticamente i popoli Falisci e Capenati si dovevano senz’altro dedicare a rapine, saccheggi,  agguati a viandanti, ispirandosi in questo alla condotta predatoria dei lupi verso gli altri animali. 
Il lupo era considerato animale sacro in tutto il territorio laziale (vedi la lupa che allattò Romolo e Remo). 
Questi era sì animale nobile, ma nel contempo resistente nell’inseguimento della preda e inesorabile nella caccia in gruppo.
Col passare del tempo, incivilendosi, i Falisci e i Capenati dovettero ridursi a condurre  una vita sedentaria, dedita all’agricoltura.
La loro antica indole di predoni non era stata però da loro dimenticata, ma venne circoscritta e simboleggiata nel rituale proprio degli  Hirpi Sorani,  i Lupi di Sorano, sacerdoti del dio Sorano. 


Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Dicembre 2022