PREDIRE IL FUTURO di Luciana Repici

Predire il futuro. I filosofi antichi e la divinazione di LUCIANA REPICI
Edizioni della Normale, Pisa, 2022, 377 pagine, Euro 28,00
www.edizioni.sns.it

Le pratiche divinatorie posero ai filosofi, ma anche ai medici e agli astrologi, il problema della possibilità di predire il futuro.
Esistono eventi interpretabili come segni del futuro? Tra tutte le cose esistono legami necessari di causa ed effetto, per cui tutto è predeterminato, o il caso rende impossibile ogni predizione?

È la divinità a inviare segni, per esempio attraverso i sogni, o essa è indifferente al mondo umano? Se c’è una forma di conoscenza del futuro è certa o solo probabile, oppure tale conoscenza è impossibile? Ed è utile conoscere il futuro?
I filosofi antichi, in conflitto tra loro, formularono complesse argomentazioni per rispondere a questi e ad altri interrogativi.

Dall’introduzione:
L’aspirazione a conoscere in anticipo il futuro, a poter prevedere ciò che accadrà, è ricorrente, specialmente quando il presente è doloroso, inquietante o minaccioso e si ha consapevolezza che al passato si può guardare solo con nostalgia o rimpianto. Sarebbe consolante o rassicurante sapere che cosa riserva il futuro e se il corso degli eventi sarà conforme alle aspettative o se queste saranno del tutto disattese; si avrebbe tempo per prepararsi al peggio o per sperare in meglio.
Ma è possibile conoscere in anticipo il futuro? E se è possibile, come e per quali vie?
Si può ritenere che ci si possa affidare a fenomeni della natura esterna nel macrocosmo o della natura individuale come i sogni, attribuendo ad essi valore di segni divinatori, portatori cioè di messaggi e annunci riguardanti il futuro. Oppure ci si affida a indovini e interpreti di professione, col rischio di incorrere sovente in ingannevoli speculazioni e abusi della credulità.

Ma poi, anche ammesso che sia possibile predire ciò che sarà e che esistano vie d’accesso per averne visione, è davvero utile averne conoscenza anticipata? O non bisognerebbe piuttosto concentrarsi sul proprio presente e attendere ciò che accadrà con distacco e disincanto, non rassegnati ma consapevoli che, se esiste un destino, gli uomini possono, in parte almeno, determinarlo con le proprie azioni? E, più drasticamente ancora, non sarebbe meglio riconoscere che gli eventi futuri non possono essere predetti da alcun indovino e affidarsi quindi alle previsioni ragionate di esperti che, come i medici, siano capaci di anticipare come si evolverà una malattia?
Non è difficile cogliere in tutto ciò atteggiamenti sospesi tra credulità e scetticismo o negazione, correnti in una società come la nostra in cui la divinazione, ossia l’arte di predire il futuro, assume il «carattere di un fenomeno marginale, persino aberrante» (Scheda dell’editore).


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