LA FIABA DEL PIFFERAIO DI HAMELIN

Un omaggio ai Fratelli Grimm

Jacob Ludwig (1785-1863) e Wilhelm Karl (1786-1859) Grimm furono due filologi tedeschi, considerati in Germania i padri fondatori della germanistica. Fuori dal loro paese sono noti in tutto il mondo come autori di famosissime fiabe, tra cui Biancaneve, Cenerentola, Hänsel e Gretel, Cappuccetto Rosso, Riccoli d’Oro, La Bella Addormentata nel Bosco, Raperonzolo e Il pifferaio di Hamelin, che vi offriamo in lettura in questo numero, illustrata da Arthur Rackham. 

Il Pifferaio Magico di Hamelin

C’era una volta la città di Hamelin in Germania.
Era una città molto graziosa, ma aveva due grossi difetti: i suoi cittadini erano molto avari e le sue cantine piene di topi. Di gatti neanche l’ombra perché, siccome costavano denaro ai padroni, erano stati cacciati.
Dato che i topi diventavano talmente tanti che non era più possibile vivere nella città, si pensò allora di far tornare i gatti scacciati, ma i topi li misero in fuga.

Era una vita beata, la loro.
Ce n’erano di tutti i tipi: topi, topini, ratti, rattoni e per tutti c’era da mangiare: nei granai e nelle cucine, dove c’erano molte forme di formaggio.
I poveri cittadini, non sapendo più che fare, si rivolsero al loro sindaco, ma anche quello più che dire: “Cercherò… Farò… Non so…” non faceva.
Ma ecco che una mattina comparve in città un ometto minuto tutto brio e allegria che disse al sindaco: “Io vi libererò dai topi, ma voglio in cambio mille monete d’oro”.
Al sindaco la richiesta non parve esagerata e promise la ricompensa, scambiando con l’ometto una bella stretta di mano.

L’ometto, allora, prese un piffero da un sacco che portava a tracolla e diede due o tre zufolate. Subito i topi che erano nello studio del sindaco, nascosti qua e là, balzarono fuori e, quando l’uomo uscì, lo seguirono.
Il pifferaio continuò a suonare in strada e nugoli di topi lo seguirono, squittendo felici.
Nelle loro testoline vedevano montagne di formaggio tutte per loro e dispense con ogni ben di Dio pronte ad essere saccheggiate.
“Tutto per voi, tutto per voi, bei topini!”, prometteva la musica che li attraeva e li affascinava.
E la marcia trionfale del suonatore continuò: da tutte le case uscivano a centinaia topi di tutte le dimensioni, di tutte le età: anche i più saggi e i più furbi tra loro credevano a ciò che la musica magica prometteva!
E la gente, affacciata alle finestre, appoggiata ai muri delle case guardava esterrefatta e felice quella smisurata fila di roditori che seguiva il suonatore.
“Se ne vanno! Se ne vanno! Ma è possibile? Oh, che gioia! Che il cielo sia benedetto!”

Finalmente quando tutti i topi della città furono riuniti dietro a lui, il suonatore si avviò verso il fiume e le bestiole dietro, sempre più affascinate dalla musica magica.
Il pifferaio all’improvviso entrò nell’acqua e quelli ancora dietro; avanzò ancora finché fu immerso fino al collo e i topi lo seguirono incantati e fiduciosi.
Egli allora si fermò in mezzo alla correte e seguitò a suonare e i topi per un po’ nuotarono e poi, siccome da lui non potevano allontanarsi finirono per annegare tutti, nessuno escluso!
Allora il suonatore uscì dal fiume, si scrollò l’acqua di dosso e si recò dal sindaco per ricevere la dovuta ricompensa.

Il sindaco, come lo vide entrare, arricciò il naso e gli chiese: “Che cosa vuoi?”
“Essere pagato per tutto quello che ho fatto per la città!”
“Mille monete d’oro per aver suonato il piffero per poco più di un’ora?”
“Senza di me i topi avrebbero distrutto le vostre case!”
“Ebbene, io non ti do niente!”
“Chiedi ai cittadini se sono del tuo parere.”
Il sindaco si affacciò al balconcino del municipio e chiese ai concittadini quel che doveva fare e tutti furono d’accordo con lui, da quegli avaracci che erano.
Il pifferaio allora amareggiato e molto arrabbiato minacciò:
“Vi pentirete, oh, se vi pentirete di quello che mi fate!”

Uscì in strada ed eseguì una scala col flauto soffiando a tutte gote poi, aiutandosi con le agili dita, emise dolcissimi suoni.
E subito si videro teste di bimbi guardare giù dalle finestre, volgersi verso il pifferaio, poi un ragazzino uscì dalla casa e guardò con entusiasmo l’uomo che suonava.
A lui si unirono due, tre compagni e tutti guardavano come affascinati il suonatore.
E questi non smise di suonare, anzi la sua musica diventò più dolce e persuasiva e nella mente dei bambini faceva nascere visioni di città tutte balocchi, di città tutte dolci, senza scuole, senza adulti che volevano comandare ad ogni ora del giorno.
E la schiera ingrossava sempre più e tutti erano felici e ridevano e, tenendosi per mano, cantavano seguendo sempre più affrettatamente il pifferaio.

Ed ecco i genitori rincorrere quella schiera di gioiosi figlioli che se ne andavano con l’omino così, come i topi che lo avevano seguito sino alla morte!
“Non andate con lui! Tornate, per carità!” gridavano disperati i padri e le madri mettendosi a loro volta in fila.
Ma essi si stancavano da morire e non riuscivano a tenere il passo con i loro figli che camminavano sognando cose meravigliose…
Il sindaco, chiuso nelle sue stanze, si strappava disperato i capelli.

Intanto il suonatore si avviava verso la grande montagna che si trovata proprio alle spalle della città.
I bimbi dietro cantavano: erano così felici di seguire quell’omino che nessuno li avrebbe distolti dal loro proposito.
Giunsero così a metà montagna: al suono del piffero questa si aprì e tutti, pifferaio in testa, entrarono nella caverna, che si richiuse ermeticamente dietro l’ultimo della fila.
Ne restò fuori solo uno: uno zoppetto che non era riuscito a camminare veloce come i compagni.
I cittadini che giunsero sul luogo dopo qualche tempo, lo trovarono là che piangeva disperato per non aver potuto raggiungere i suoi amici.
Dei bambini non c’era più traccia e nessuno seppe mai ciò che ne fosse stato.

Note
Sulle origini di questa fiaba si è molto discusso (vedi articolo di approfondimento).
Nata attorno alla metà del 1200, alcuni pensano che faccia riferimento ai morti causati dalla Peste Nera, altri allo spopolamento dato dalla partenza dei giovani per andare a cercare lavoro altrove. Altri ancora parlano di un evento catastrofico che decimò gli abitanti.
Che qualcosa di grave sia successo nella città (l’odierna Hameln in Bassa Sassonia) è testimoniato dal fatto che l’evento era stato rappresentato su di una vetrata della chiesa, vetrata in seguito distrutta, ma di cui restano documenti. Che cosa sia davvero successo non è dato di sapere, ma… si dice che ancora oggi non venga accettato chi canta o suona in una via centrale della città che va verso il fiume, cosa considerata poco rispettosa verso le vittime dell’antica catastrofe.

Autore: Redazione
Messo on line in data: Luglio 2022