IL SIMBOLO DEL FASCIO LITTORIO di Ivan Buttignon
Origini e sviluppi del simbolo
Il più antico fascio littorio è rinvenuto presso Vetulonia, in Toscana. Esso risale, quasi sicuramente, al secolo VIII-VII a.C., quindi all’epoca preromana. La sua struttura (scure bipenne inserita tra dodici verghe) e la sua composizione (ferro) sembrano rivelare legami con le tradizioni nordiche. La scure bipenne, connessa con il significato del culto di Janus, dio romano delle origini, è uno dei simboli più antichi della sovranità regia. La dualità simmetrica dei due tagli rappresenta l’integrazione creatrice delle polarità opposte. Tale incontro avviene in un punto dell’asse che è il centro immobile. Questo raffigura il punto di passaggio tra futuro e passato, il terzo volto di Janus, il sacro che genera. I tagli dell’ascia rappresentano esattamente “il simbolismo del fulmine“, espresso dalle tradizioni nordiche con le Rune. La composizione forniva lo schema rappresentativo con cui si indicava il sacro Mjölnir, il martello del dio Thor.
La folgore ha significato simbolico doppio: da una parte illumina, squarcia le tenebre, dall’altro distrugge, incendia. Poiché spesso, nell’antichità, l’uso della folgore risulta essere prerogativa del dio supremo, questa è considerabile come verità; verità che può essere intuita in forma istantanea solo da chi è capace di resistere alla prova del fuoco, incenerendo tutto quello che di sé è mortale. Si raggiunge, così, una condizione di supervita. Il percorso stesso della saetta spiega questo processo: una prima fase rappresenta la discesa del fuoco divino sulla terra; la seconda fase è la mutazione che fa dell’uomo (il quale ha saputo intuire l’insegnamento) un essere simile ad un dio; la terza fase è ancora una discesa, un ritorno di colui che, libero dai vincoli corporei, torna alla terra per riprendere il ciclo.
Secondo alcune tradizioni la parte destra rappresenta la misericordia, mentre quella sinistra la giustizia; giustizia che viene raffigurata come un guerriero (Kshatriya) che ha diritto di vita e di morte sui sudditi. Tale diritto viene esercitato per mezzo della verga (lo scettro del potere). Ecco allora che via contemplativa (sacerdotale) e via attiva (guerriera) si fondono nel centro, dal quale traggono la ragione stessa della loro esistenza (l’asse tradizionale, la corona regale segno del potere unico e totale). Le dodici verghe che inghirlandano la scure bipenne sono il ciclo zodiacale con la sua metà ascendente e discendente. Esse hanno origine e fine nei solstizi d’inverno e d’estate, e sono la raffigurazione dell’universalità dell’azione della tradizione.
Nell’antica Roma, il fascio littorio consiste in un simbolo del potere e autorità maggiore, l’imperium. Si tratta di una fascio cilindrico di verghe, che simboleggia il potere dei consoli (ovvero i magistrati più importanti presso l’antica Roma) di punire e di esercitare lo “ius necis“, ossia il diritto di dare la morte ai rei. Queste sono legate assieme da nastri rossi (i fasces, appunto), che personificano sovranità e unione. Talvolta raffigurano infissa un’ascia, per esprimere il potere di vita e di morte . Il fascio viene portato durante le feste pubbliche dai littori, degli ufficiali che scortano le maggiori autorità romane. E’ per questo motivo che si chiama littorio. Il fascio viene ornato di alloro in occasione dei trionfi e portato invece rovesciato durante i lutti più infausti. Il numero dei fasci littori che precede il magistrato ne indica il grado: più sono numerosi e più alto è il grado del magistrato.
Il fascio indica un’unione di forze che possono essere molto diverse per provenienza o formazione. Ma unione a quale fine? L’opprimente retorica sulla latinità, che per esempio il regime fascista sviluppa a dismisura nel corso degli anni Trenta, non deve ingannare. Il termine fascio, al quale Mussolini si richiama nel 1919, è un termine politicamente recente della storia italiana. Esso risale infatti agli ultimi decenni dell’Ottocento, che hanno visto la formazione dei vari fasci di democratici e operai, o il celebre paradigma dei fasci siciliani. E questi, guarda caso, sono tutti movimenti e raggruppamenti di orientamento progressista e socialista.
La connotazione ideologica del termine cambia soprattutto negli anni della prima guerra mondiale, con l’orientamento nazionalista dei fasci interventisti del 1914. Pensiamo al fascio parlamentare che chiama a raccolta forze eterogenee a sostegno dell’intervento; al fascio di difesa nazionale costituito dopo la disfatta di Caporetto nel 1917; ai fasci futuristi del 1918. Come tale, ma accompagnato da rivendicazioni rivoluzionarie, l’emblema romano viene accolto da Mussolini, divenendo il simbolo dei Fasci di combattimento, e in seguito del Partito Nazionale Fascista.
Autore: Ivan Buttignon
Messo on line in data: Marzo 2010
Note
Le Rune sono Archetipi, potenti raffigurazioni naturalistiche delle forze che regolano l’Universo. Ogni Runa possiede un profondo significato che può venire usato sia per interpretare le influenze in atto, esterne ed interne a noi, che per invocare un potere della natura o sintonizzarsi ad esso. In germanico “raunen”, che significa “sussurrare”, lega al mistero e al segreto questi simboli (www.manipura.it/RUNE/index.html, consultato in data 15/02/2008). Infatti, le Rune sono comunemente interpretate come un sistema arcaico di scrittura, ma nel loro senso più intimo e profondo esse sono l’elemento di comunicazione tra due mondi, quello terreno e quello ultraterreno. Le Rune sono 22, come i Tarocchi o le Sephirot della cabala.
R. Nattero, G. Barbadore, Il mistero delle Rune – simboli arcaici dal mito della storia, Keltia Editrice, Aosta, 2001, pp. 9-20.
www.alterstoria.it/storia/simboli/fasciolittorio.php, consultato in data 08/01/2008.
P. Cannistraro, a cura di, Historical dictionary of fascist Italy, Greenwood, Westport, 1982, p. 205.
M. Palla, Mussolini e il fascismo, cit., pp. 15-16