LA LEGGENDA DI YS di Devon Scott
Una antica e suggestiva leggenda bretone
C’era una volta, tanto tempo fa, Gradlon il Grande, ricchissimo re del Kernev, la Cornovaglia francese, regione storica della Bretagna nella Francia nord-occidentale, l’attuale dipartimento del Finistère, la cui antica capitale è Quimper.
Egli era sposato con la bellissima Malgven, secondo alcuni autori la “regina del Nord”, da lui incontrata mentre combatteva in Norvegia. A coronare il loro amore, la regina rimase incinta, ma mentre partoriva una bambina la donna morì.
Alla piccola, secondo il desiderio della madre morente, fu messo il nome di Dahud, che Gwenaël Le Duc, professore di lingua celtica, fa derivare dal gallico da, buono e hud, sortilegio; secondo Jean Markale verrebbe dal gallico dagosoitis, che significa buona magia.
La fanciulla crebbe molto viziata dal padre, che la adorava e non le negava mai niente, e stupendamente bella come la madre, dalla quale aveva ereditato anche i poteri magici. Infatti Malgven era una delle Marie-Morgane, creature fatate nate dal mare (Mor significa mare e ganet nato) che vivevano sotto l’acqua vicino alle rive, dove amavano passeggiare di notte, e nelle caverne semi-coperte dall’acqua; era però impossibile fissarle e vederle bene, perché sparivano al primo battito delle palpebre. Erano simili alle sirene, non avevano però coda di pesce.
Molte Marie-Morgane erano buone e aiutavano gli uomini.
Per esempio due ragazze povere dell’isola di Ouessant, che raccoglievano conchiglie sulla spiaggia, videro una fata mentre stendeva degli oggetti preziosi su due bei teli bianchi. Incuriosite si avvicinarono ed ella, trovandole molto gentili e dolci, donò a ciascuna un pacchetto, raccomandando loro di non aprirlo fino a quando non fossero arrivate a casa dalla loro famiglia. Una, impaziente, non ubbidì, guardò subito e si trovò nelle mani… un puzzolente pezzo di sterco di cavallo. L’altra, invece, arrivata a casa aprì il pacchetto davanti ai genitori e vi trovò oro, perle e pietre preziose; la sua famiglia divenne ricca e i suoi discendenti abitano ancora l’isola di Ouessant, dove vivono nella prosperità.
Alcune, invece, erano malvagie, come Ahès (spesso confusa con Dahud), e si divertivano a sedurre gli uomini col loro canto per poi farli divorare da una balena enorme.
Il re Gradlon era cristiano e si circondava di numerosi sacerdoti dei quali chiedeva costantemente pareri e consigli.
Dahud non sopportava la loro influenza e i continui rimproveri, per cui gli chiese di costruire per lei una città in cui nessun prete potesse mettere piede: Ys.
Situata al largo nella baia tra Douarnenez e Port-Blanc, Ys o Ker-Ys (il “luogo basso”) fu resa splendida e sontuosa dalla magia di Dahut, che venne aiutata anche dai Korrigan del Piccolo Popolo; divenne un porto molto florido, a cui attraccavano navi provenienti da tutto il mondo. Ma aveva un difetto: era posta su di un livello più basso rispetto al mare, protetta da un imponente sistema di dighe e attraversata da canalizzazioni concentriche molto simili a quelle descritte da Platone ad Atlantide. Gli abitanti erano tutti fedeli alla vecchia religione druidica e passavano la vita tra le feste e i banchetti a divertirsi.
Dahud, “dimentica del pudore e della moderazione naturali del suo sesso”, come commentò il viaggiatore Jacques Cambry alla fine del Settecento, trascorreva ogni notte in compagnia di un amante diverso, al quale veniva imposto di celare il viso dietro una maschera di seta, che al mattino diventava di ferro, soffocando il poveretto; tutti i cadaveri venivano poi gettati nell’oceano, nella Baia dei Trapassati.
Questo comportamento deviante destò lo sdegno del monaco Gwénolé, che era il consigliere spirituale di re Gradlon. Egli si recò sull’isola, insieme al re, per convincere la giovane a comportarsi meglio.
Ma qualche giorno prima era arrivato a Ys un affascinante e misterioso uomo vestito di rosso. Dahud se ne innamorò perdutamente al primo sguardo, ma mal gliene incolse: era il diavolo, venuto a reclamare le anime perdute della città. Egli trascinò Dahud in una danza travolgente, ne approfittò per rubarle le chiavi delle dighe e le aprì: un’onda altissima travolse la città e la fece scomparire nel mare. Il re fuggì sul suo cavallo bianco, accompagnato dal monaco; mentre correva, sua figlia, piangendo, implorò pietà e chiese di essere salvata; ma il peso dei suoi peccati era tale che il cavallo non poteva portarla, per cui suo padre l’abbandonò al suo destino.
Nell’immagine sotto,
“Fuga di Gradlon”, quadro del 1884 di Évariste-Vital Luminais (1821-1896),
Musée des beaux-arts di Quimper
Alcune versioni della storia dicono che il re cercò di salvare la figlia, ma il monaco le toccò una spalla con la sua croce e la giovane cadde tra le onde. La triste fine di Dahud e di Ys è immortalata nel quadro di Évariste-Vital Luminais (1884), che è al Musée des beaux-arts di Quimper.
Dahud fu trasformata in sirena: i suoi riccioli d’oro, la sua pelle lattea e il suo canto melodioso attirano i marinai verso la rovina e portano le navi a schiantarsi sulle rocce. Nelle notti di luna si può ancora sentire lo scampanio delle campane della cattedrale di Ys, sommersa ma non distrutta.
Che fine fecero il re e il monaco?
Gradlon divenne re della città di Quimper, ma non si sa se si risposò o ebbe altri figli.
Gwénolé (o Guénolé) fu canonizzato; nel quinto secolo d.C. fondò l’abbazia che prese il suo nome, nell’attuale città di Landévennec (nel Finistère) dove, si suppone, visse serenamente, fiero di aver fatto il suo dovere e dove, si suppone, ci sono la sua tomba e quella di re Gradlon.
L’isola di Ys venne menzionata per la prima volta nel 1400, senza però alcun riferimento a Dahud, che comparve invece in La Vie des saincts de la Bretaigne armorique, opera di Alberto il Grande, nell’edizione del 1636.
Da allora, molti autori hanno dato la propria versione della storia con vari abbellimenti e fantasiose aggiunte.
Nella leggenda a matrice cristiana Dahud, “bella senz’anima”, incarna il male e la lussuria, la perversione e l’eresia, e per questo viene trasformata in una sirena, costretta a vivere tra le vie della città sottomarina come giusta punizione per le sue colpe; ma ci sono anche alcune varianti originali del mito ben più pagane, in cui vengono esaltati il coraggio e l’indipendenza della principessa, e soprattutto il potere femminile che il Cristianesimo ha cercato di cancellare. In queste Dahud sopravvive come dea marina e vive tra le onde, guardiana delle porte dell’Altro Mondo, insieme alla figlia portata con sé durante la fuga.
In una celebre scultura di Patrig ar Goarnic del 1990, Morvarc’h Argol, che si trova ad Argol, nel Finistère, nei due lati si vedono due interpretazioni della leggenda: in una Dahud scappa con la figlia tra le braccia e si salva, nell’altra si salva suo padre portando con sé uno scrigno con il tesoro mentre Dahud diventa una sirena. L’artista è stato costretto a darne due versioni dopo essere stato accusato di anticlericalismo per aver preferito la leggenda dalla parte di Dahud.
La figura di Dahud ha colpito la fantasia come poche altre: il Museo Dipartimentale Bretone di Quimper ha addirittura censito tutte le pubblicazioni dedicate a Ys e a Dahud, inserite nel catalogo La légende de la ville d’Ys: une Atlantide bretonne, publicato nel 2002.
C’è chi la vede come una allegoria dei pericoli del mare, altri la interpretano come una femminista ribelle contro il potere maschile, altri ancora come una restauratrice del matriarcato; una Dahud reincarnata è addirittura diventata la perfida protagonista di un romanzo horror americano.
Alcuni psicoanalisti hanno fatto una analisi psicologica del mito. Lo sforzo di alcuni autori di vedere Dahud come reintegratrice del paganesimo celtico è stata molto criticata: a Ys non ci sono aree dedicate agli dei celti, però c’è una cattedrale, anche se non si sa chi la gestisca, dato che nessun prete più avvicinarsi alle sue rive. Markale, ne’ La femme celte, si spinse a dire che Dahud era il simbolo della cultura celtica cancellata dal Cristianesimo, ma non distrutta e rimasta nascosta nell’inconscio in attesa di rinascere. In realtà Dahud non vuole imposizioni di alcun tipo, è fedele solo a se stessa e alla sua città, su cui regna sovrana. Per questo alcuni autori la hanno paragonata a Salammbô, la principessa cartaginese eroina di un’opera di Gustave Flaubert, devota della dea lunare, che si sacrifica per salvare la sua città.
Nell’immagine sotto,
“Salammbô (o incantamento)”, quadro del 1862 di Alphonse Mucha (1860-1939)
La leggenda di Ys ha affascinato scrittori, poeti, pittori, scultori, disegnatori e musicisti; si ritrova in romanzi per adulti e ragazzi, fumetti, saggi, musical, canzoni, giochi di ruolo, pezzi teatrali, pitture e sculture.
Tra quelli che hanno messo in musica la storia di Ys ricordiamo Édouard Lalo (Le roi d’Ys), che fece varie stesure dell’opera fino alla definitiva del 1888; Claude Debussy (La Cathédrale engloutie, 1909-1910, riferito alla chiesa principale di Ys inghiottita dalle acque); Alan Stivell (Ys, brano del 1971 per arpa celtica a corde di metallo), reinterpretato anche da Vincenzo Zitello.
“Il balletto di bronzo”, gruppo napoletano nato alla fine degli anni Sessanta, ha inciso un album dedicato al mito dell’isola di Ys: (https://www.youtube.com/watch?v=MDQG_kA6ong)
Il cantautore Andrea Arnaldi ha dedicato un brano alla leggenda nell’album “Il settimo sigillo” (https://settimosigilloblog.wordpress.com)
L’accademia di danza irlandese in Italia Gens d’Ys (https://www.gensdys.it) prende il nome da quest’isola, alla quale ha dedicato il musical “La leggenda di Ys”.
Ma… è davvero esistita un’isola poi scomparsa per un misterioso cataclisma?
Questo delle città inghiottite dal mare per i peccati dei loro abitanti non è rara nella mitologia celtica. Nel Libro nero di Carmarthen si narra che l’isola irlandese di Maes Gwyddneu fu sommersa dalle acque come punizione per le svergognate orgie a base di sesso e alcool dei suoi abitanti.
La maggior parte degli autori bretoni crede, senza dubbio alcuno, all’esistenza di Ys. E la loro convinzione è sostenuta dalle vestigia dell’Oppidum di Yaudet, a Ploulec’h (in Côtes-d’Armor), il promontorio che anticamente sarebbe stato la sede di Ys.
Ma forse hanno ragione quelli che dicono che Ys era nella attuale Baie des Trépassés, vicino alla Point du Raz, detto il “luogo dove finisce il mondo” perché si pensava che fosse il punto più occidentale della Francia; o forse vicino all’île-de-Sein, ancora oggi nota per i naufragi (che siano opera delle sirene?).
A ricordare la vicenda resta la roccia della Sentinelle, a Port-Blanc, dove la statua della Madonna guarda il tratto di mare fino alla baia di Duarnenez per controllare che la storia non si ripeta e un’altra isola fatata sorga dalle acque, o magari la stessa Ys. Infatti una fosca predizione dice: “Quando Ys dai flutti emergerà, tutta Parigi sommersa sarà”, perché Parigi (secondo una credenza molto in voga nell’Ottocento) avrebbe preso il suo nome da Par-Ys (simile a Ys) e sarebbe nata per riportare alla luce i fasti dell’isola di Ys…
Nell’immagine sotto,
Locandina di Auguste François-Marie Gorguet per pubblicizzare l’opera di Édouard Lalo,
messa on line da Gallica https://gallica.bnf.fr
Bibliografia
AA.VV. – La légende de la ville d’Ys: une Atlantide bretonne, catalogo dell’esposizione dal 19 giugno al 13 ottobre 2002. A cura del Musée départemental breton (Quimper), 2002.
Markale Jean – La Femme celte: Mythe et sociologie, Edizioni Payot, Parigi, 2006.
Markale Jean – Les Celtes et la civilisation celtique, mythe et histoire, Edizioni Payot, Paris, 1969
Sébillot Paul – Croyances, mythes et légendes des pays de France, Edizioni Omnibus, Parigi, 2002.
Autore: Devon Scott
Messo on line in data: Dicembre 2022
File pubblicato nell’agosto 2022 su www.lunanuovamagazine.it