MAGIA DEI SOGNI (PARTE TERZA) di Luce Sorgente
I Sogni e la Mente
Jung scriveva:
“Nel sogno l’anima testimonia di se stessa e gli archetipi si rivelano nella loro naturale correlazione come il formarsi, il trasformarsi, il conservarsi eterno dell’eterno senno”.
Ma chi era Jung?
Per capirlo dobbiamo fare un passo indietro e approdare al protagonista moderno dei sogni, colui che tentò un primo approccio sistematico ai sogni e al loro linguaggio come specchio del nostro inconscio: Sigmund Freud. Egli nacque a Freiberg (l’attuale Pribor, Repubblica Ceca) nel 1856 e morì a Londra nel 1839; figlio di un commerciante ebreo proveniente dalla Galizia e della sua terza moglie, fu educato nella rigida educazione ebraica del genitore e allo studio analitico delle Sacre Scritture. Col tempo si scoprì un grande appassionato di storia e cultura classica, il che lo invogliò a fare i bagagli e partire più volte, diretto verso mete che un tempo erano state le capitali della civiltà classica, come Roma e Atene. Fu neurologo, innanzi tutto. Laureatosi in medicina, ebbe modo di approfondire le sue ricerche sulla mente umana e sugli effetti di alcune sostanze su di essa, tra le quali la cocaina.
Inizialmente Freud ripose molta fiducia in questo stupefacente che aveva sentito essere utilizzato dagli Indiani d’America per il suo potere calmante; ma dovette scontrarsi ben presto con la realtà e avvedersi di come la cocaina provocasse soprattutto assuefazione e dipendenza cronica. Si volse quindi al metodo ipnotico di Charcot ed ebbe modo di conoscere il fisiologo Joseph Breuer, che aveva in cura una nota scrittrice dell’epoca, Bertha Pappenheim, conosciuta anche con lo pseudonimo di Anna O. Questa donna dai mille interessi e impegnata con fervore nel campo del sociale soffriva di isteria, dalla quale sembra guarì grazie a Freud e al metodo della talking cure corredato di utilizzo del lettino. Questo incontro fu decisivo per l’elaborazione delle tecnica della psicanalisi che ha dato fama a Freud negli anni a venire.
Senza concentrarci troppo su questo metodo, possiamo dire che esso era volto ad analizzare le due parti integranti dell’essere umano, il conscio e l’inconscio, con maggiore attenzione per l’inconscio. A voler utilizzare termini semplici, potremmo dire che il conscio è quella zona superficiale dell’individuo, più facilmente gestibile e conoscibile: colei che è deputata a rendere il rapporto dell’essere vivente con il suo ambiente circostante consapevole.
L’inconscio è invece la zona oscura, quella irrazionale e difficilmente controllabile, quella deputata insomma ai pensieri rimossi, alle fantasie e… ai sogni.
La psicanalisi si propose quindi come metodo di guarigione delle nevrosi e degli stai mentali deviati attraverso l’analisi dei messaggi dell’inconscio, fatti riemergere attraverso determinate tecniche, tra le quali l’esplorazione del mondo onirico del soggetto. Secondo Freud, infatti, molte delle malattie mentali sono causate da un conflitto tra impulso e parte razionale, e quindi, per esempio, tra sollecitudini che portano al desiderio di morte e altre al desiderio di vita, tra bisogno di lasciarsi andare al piacere e necessità di “rimanere nei ranghi”, tra l’universo della fantasia e quello del reale. Su questo orizzonte i sogni si ponevano come messaggeri dell’inconscio e codificatori del suo stesso linguaggio.
Freud ebbe diversi allievi, tra i quali Carl Gustav Jung, di origine svizzera e noto per aver dato vita alla famosa “psicologia analitica”. Fu per molto tempo vicino alle idee del suo maestro e se ne nutrì al fine di elaborare una teoria propria che, proprio nel 1912, si scontrò con quella psicanalitica.
Jung si allontanò definitivamente da Freud. Se questi aveva infatti posto l’accento sull’universo dell’inconscio individuale, Jung svelò l’esistenza di un inconscio collettivo, distanziandosi dall’ipotesi tutta freudiana di una pulsione esclusivamente sessuale alla base dell’agire e del sentire umano. Jung propose l’idea di una interrelazione tra la storia individuale dell’essere, quella dell’umanità intera, e tra presente e futuro. L’uomo, cioè, è mosso nel vivere non solo da ciò che ha costruito nel passato, ma anche dal suo presente e dalla finalità che lo induce e sospinge verso il futuro. Causalità e teleologia in lui si mescolarono, quindi, nella strutturazione di un uomo in cui pulsano le istanze che egli ha ereditato dal passato e dai suoi antenati e quelle che, in base alle suddette, lo esortano a guardare avanti.
Egli quindi elaborò le seguenti categorie:
– l’inconscio personale, quello individuale e appartenente a ogni individuo in quanto tale;
– inconscio collettivo, matrice e bacino dell’inconscio dell’intera umanità, caratterizzato da archetipi e simboli universali, riconoscibili per esempio nel simbolismo religioso e nei sogni;
– l’Io che è la mente cosciente;
– la persona, ovvero la sovrastruttura, l’abito che l’essere umano indossa per rispondere agli stimoli dell’ambiente esterno e interagire con essi; è un po’ il risultato di ciò che, nel contesto sociale e culturale dell’individuo, si è forgiato col tempo;
– l’animus e l’anima, ovvero il maschile e il femminile che risiedono contemporaneamente, seppur in “proporzioni” diverse da essere umano a essere umano, in ognuno di noi;
– l’ombra, che corrisponde all’animalità e all’istinto selvaggio e primordiale insito in ogni soggetto.
Secondo Jung, quindi, il sogno racchiude tutte le potenzialità intrinseche dell’individuo, oltre che le istanze del suo status quo, quello corrispondente alla situazione attuale e presente. Il sogno era per lui contenitore degli archetipi ereditati dalla memoria e dall’inconscio collettivo, simboli e suggestioni della vita presente del soggetto, e indicazioni importanti, risultato delle due istanze precedenti, delle potenzialità e possibilità di crescita ed evoluzione future.
In questo senso egli introdusse una lettura prospettica del sogno, finalizzata a conoscere non solo i messaggio dell’inconscio personale del soggetto, ma anche quelli che, facendo ricorso ai modelli esemplari di un inconscio umano e universale, avrebbero dato suggerimenti e indicazioni utili per la vita futura del sognatore. Come se l’eredità atavica dell’umanità si riversasse nel mondo onirico e funzionasse da strumento, chiave di accesso a un universo di immagini e simboli volti a forgiare l’uomo e a condurlo sul sentiero dell’evoluzione.
A ben vedere l’approccio al materiale onirico si discostò e di parecchio da quello di Freud, secondo il quale motore alla base era quasi sempre una pulsione sessuale. Jung parlava del sogno, invece, come di una dimensione da guardare rilevando le immagini e le suggestioni immerse in quella zona remota e un po’ oscura dell’inconscio, dove individuale e collettivo si mescolano. Leggere o interpretare il sogno equivaleva per Jung a affondare in quel sottobosco di simboli e riviverlo, mettendo per un po’ da parte la ragione, e lasciandosi andare al flusso, alla corrente costituita dal sogno stesso. Guardare e non “giudicare”, analizzare, elaborare e reintegrare.
Questo il contributo dei due grandi pionieri della modernità al mondo dell’inconscio e alle sue interazioni col mondo solare del conscio. Queste due stelle puntellano l’universo dei sogni in cui il numinoso la fa da padrone e scalza la ragione.
Autore: Luce Sorgente
Messo on line in data: Maggio 2008