MARCO BUTICCHI: L’INTERVISTA di Redazione
Questa intervista (andata on line nell’Aprile 2003) è con Marco Buticchi, il più famoso scrittore d’avventura italiano.
Lo scrittore è nato a La Spezia nel maggio 1957 e vive a Lerici, nel Golfo dei Poeti, una delle più belle zone della Liguria. Sposato, due figlie, ha lavorato per anni presso una multinazionale, viaggiando per tutto il mondo.
Visitate il sito dell’autore www.marcobuticchi.it
REDAZIONE – Come ci si trasforma da trader petrolifero in scrittore?
MARCO BUTICCHI – Scrivo da sempre, dai tempi dei “giornalini” della scuola. Un giorno, nel 1989, decido che era tempo di cimentarsi in un romanzo. E il termine cimentarsi non è usato a caso: il romanzo è fatica, ricerca, studio, voglia di lasciare perdere tutto e innamoramenti repentini. Insomma, finisco questa “opera prima” e, come sempre accade con il primogenito, sono convinto che il mio sia il bimbo più bello e intelligente di tutti gli altri. Invio il manoscritto di Aid Option – questo il titolo del romanzo – a un editore amico, convinto che da lì a poco avrei varcato le soglie dell’Olimpo degli scrittori. Dopo sette mesi l’amico mi risponde: fai di tutto, coltiva gli sport e vai a donne, ma scordati di scrivere e soprattutto scordati di scrivere quel genere di romanzi; un italiano che scrive d’avventura ha vita breve in Italia.
REDAZIONE – La classica frase che ti stronca, specialmente se arriva da un amico. Che fine ha fatto il libro primogenito?
MARCO BUTICCHI – Aid Option è rimasto nel cassetto. Io, che sono un testardo, avevo quasi ultimato, nell’attesa della risposta, un secondo romanzo. Forse è stata la paura del confronto, forse il piacere del rischio, ma, messo in tasca il dischetto, vado dritto in una tipografia della mia città per chiedere un preventivo. Il Cuore del Profeta vede così la luce nel 1991, tirato in mille copie e distribuito da me e mia moglie – fisicamente intendo, col bagagliaio pieno di volumi – nella Provincia della Spezia.
Immaginatevi voi come mi guardavano i librai, sommersi dagli ultimi successi internazionali e, soprattutto, da qualcosa come quarantacinquemila titoli ogni anno. I più gentili mi dicevano: “Lasci pure laggiù nell’angolo, poi ci penso io…”. Insomma, per farla breve, Il Cuore del Profeta andò esaurito in pochi giorni, vinse premi editoriali internazionali e, con i denari ricavati dalla vendita, misi in cantiere un nuovo romanzo, L’Ordine Irreversibile. Stesso copione del precedente: un improvvisato scrittore-editore-distributore e un ottimo successo in una città – ma questo pare sia comune a ogni città italiana – dove si legge ben poco.
REDAZIONE – Un grande successo insperato e la possibilità di cominciare a farsi conoscere.
MARCO BUTICCHI – Infatti. Il merito di queste operazioni, al di là di inesistenti benefici economici, era che i miei “libelli” giovanili andavano in giro, venivano letti e commentati. Uno di questi arrivò nelle mani di un mio concittadino, un certo Mario Spagnol.
Spagnol è stato, non solo a parer mio, l’ultimo grande editore, uno dei più grandi, dal dopoguerra a oggi. A lui vanno attribuiti la maggior parte dei successi editoriali degli ultimi anni, da Il Padrino a La Donna della Domenica, a best seller che portano la firma di Wilbur Smith o Clive Cussler. Mario Spagnol mi incontra un giorno nella nostra Lerici – badate bene che non mi sarei mai sognato di disturbare lui, patron della Longanesi, sottoponendogli i miei scritti – e mi dice che aveva letto un mio romanzo e che non era male. Se avessi avuto bisogno, lui avrebbe potuto darmi dei consigli. Consigli da Mario Spagnol? Consigli da chi aveva guidato con successo Mondadori, Feltrinelli, Rizzoli per poi diventare azionista e manager della Longanesi! Era un’occasione da non perdere.
Stavo ultimando un manoscritto, Le Pietre della Luna. Appena finito lo impacchetto e lo mando in Longanesi. Da quel giorno sono iniziate una serie di gag con mia moglie. Ogni volta che trillava il telefono io dicevo: “Sono Spagnol, posso parlare col dottor Buticchi“. E invece era sempre la zia, la mamma o una magagna di lavoro. Un bel giorno mia moglie mette una mano sulla cornetta, mentre io recito la solita cantilena accentuando quella erre moscia “agnelliana” con cui Spagnol parlava: era davvero Mario Spagnol.
“Il romanzo va“, mi disse soltanto. Io rimasi deluso: ma come, mi aspettavo consigli del tipo, sposta questo, alleggerisci quello, caratterizza il personaggio… e invece mi dice che”va”.
“Mi scusi signor Spagnol, quel “va” vuol dire che le è piaciuto ?“
“Si, mi è piaciuto e, se non ha nulla in contrario, lo vorremmo pubblicare” .
Credo che la mia aria del tipo “proposte del genere mi arrivano ogni giorno” non abbia retto a lungo. Mi sembra di essermi commosso quando ho posato la cornetta e non sono riuscito a dare spiegazioni a nessuno.
Quando, alcuni giorni più tardi, andai a firmare il contratto, ricordo che pensavo a una sorta di “parcheggio” nelle collane collaterali della Longanesi, per vedere come sarebbe andato un italiano che scriveva d’avventura. Per me, abituato a far da solo, era comunque un successo anche l’essere pubblicato in una delle case editrici “satelliti”. E invece il foglio su cui erano scritte le clausole contrattuali aveva lo stemma – due sciabole incrociate e una stella – simbolo della casamadre.
“Ma… ma… esco in Longanesi, signor Spagnol?“, ricordo che gli chiesi.
“Sì, lei sarà il primo degli italiani nella collana i Maestri dell’Avventura, accanto a Smith, Bagley, Cussler, O’Brian“, rispose lui in maniera del tutto normale.
Le Pietre della Luna andarono subito in testa alle classifiche di settore, rimanendovi per lungo tempo. Ad oggi, possono essere considerate un “Long Seller” con le loro quasi duecentomila copie stampate.
Da allora Longanesi ha pubblicato Menorah e Profezia, entrambi con tirature eccezionali. Presto sarà in libreria La Nave d’Oro, il mio ultimo romanzo.
Da quel tempo tra me e Spagnol si è creata un’amicizia sincera e piena di rispetto, un’amicizia che esulava dal rapporto tra editore e scrittore. Nonostante la grande stima e l’affetto che ci legavano non abbiamo mai abbandonato il “lei” formale. Un cenno di riconoscenza, da parte mia, nei confronti di una persona che ha creduto nelle mie capacità, regalandomi l’opportunità di scommettere e vincendo assieme a me una scommessa che sembrava persa in partenza: allora sembrava che gli scrittori italiani non interessassero più nessuno. Spesso ripenso a quel suo sguardo intelligente e alla sua erre ruvida e gentile al tempo stesso, quando mi diceva, mentre parlavamo della trama dell’ultimo romanzo: “Non è verosimile“.
Io sapevo che lui non voleva “stroncare” le mie idee, ma voleva essere convinto da me che era possibile che quell’azione si svolgesse in quel modo. Spagnol ci ha lasciato tre anni fa, e sono convinto che manchi all’intero mondo editoriale. Di certo a me manca profondamente.
REDAZIONE– Un critico statunitense diceva che per sfondare occorrono solo tre cose: talento, talento e talento. Lei è stato certamente aiutato dal fatto che un uomo come Spagnol abbia creduto nel suo talento. Ma anche lei ha aiutato se stesso, credendo talmente nel proprio libro da non fermarsi davanti a nessun ostacolo. Nel 1991 era impensabile che uno scrittore si producesse da solo e si mettesse a vendere i propri libri: sarebbe stato più facile pagare per farsi pubblicare.
MARCO BUTICCHI – A proposito degli editori a pagamento, Mario Spagnol diceva che un editore deve pagare (magari poco) uno scrittore. Il viceversa è un atto innaturale e c’è comunque qualche cosa sotto. Quindi diffidare sempre di quelli che promettono mari e monti dietro compenso: fanno leva sulla malattia di ogni scrittore (Moravia: il piacere dello scrivere sta nell’esser letto)…
REDAZIONE – Il primo posto nelle classifiche per ogni suo libro, centinaia di migliaia di copie vendute, sia in edizione rilegata che in economica: lei è il perfetto esempio di una sfida vinta contando solo sulle proprie capacità. La ringraziamo per aver diviso con noi questa esperienza, che speriamo possa dare una mano a tanti nostri autori esordienti.
N.d.R.: dopo questa intervista Marco Buticchi ha pubblicato L’anello dei re (2005), Il vento dei demoni (2007), Il respiro del deserto (2009), La voce del destino (2011), La stella di pietra (2013) e Il segno dell’aquila (2015).
Nel dicembre 2008 è stato nominato Commendatore dal Presidente della Repubblica, per aver contribuito alla diffusione della lingua e della letteratura italiana anche all’estero.