IL PIFFERAIO MAGICO di Gaetano Dini

Alcune mie considerazioni sulla favola

Le favole rientranti nel folklore popolare sono elementi sì regrediti nel tempo, ma ancora capaci di essere portatori di simboli e significati appartenenti a un precedente ordine spirituale ed esoterico.
Queste favole, anche se oggi risultano essere residuati spuri di forme superiori, fungono in ogni caso da strumenti di arruolamento di forze istintive e irrazionali le quali, opportunamente disciplinate e indirizzate, consentono di rivolgersi ancora a dimensioni superiori e finanche a raggiungerle.

Nell’immagine,
la vetrata di una chiesa di Goslar, a opera di Augustin von Mörsberg (fine 1600), a ricordo della vicenda

Nella nostra favola medievale il Pifferaio magico propone al sindaco della città di Hamelin (oggi nella Bassa Sassonia) di liberarla a pagamento dalle orde di topi che la infestano. Il sindaco acconsente e così il Pifferaio inizia a suonare il suo strumento facendo accorrere dietro lui tutti i topi della città, portandoli fino al fiume dove essi annegano.
La missione è compiuta e il Pifferaio torna in città per ricevere la giusta mercede.
Ma il sindaco, d’accordo coi suoi cittadini, ha cambiato idea: il Pifferaio solo per l’azione di aver suonato il piffero, dice, non merita di essere pagato.

Questi non discute più di tanto, ma dice che si pentiranno tutti amaramente per la loro mancanza di parola.
Così, sceso in strada, incomincia di nuovo a suonare.
Questa volta però non accorrono i topi, ma tutti i bambini della città che lo seguono allegramente, invano trattenuti dai genitori.
Allora il Pifferaio si incammina verso la montagna. Verso metà di essa si apre, per effetto magico del suono, una fenditura dove entrano
il Pifferaio e tutti i bambini. Nessuno saprà più niente di loro.
Solo un bambino si salva. Uno zoppettino che non è riuscito a tenere il passo degli altri ed è rimasto indietro.

La critica corrente vede nella trama di questo racconto un’allegoria storica della Peste Nera che colpì l’Europa tra il 1347 e il 1352, uccidendo circa un terzo della sua popolazione. Tantissime le donne e i bambini che morirono. Altra critica vuole vedere nella trama della favola un riferimento allo spopolamento di alcune città tedesche a seguito di qualche carestia medievale.
Noi invece vogliamo vedere nella trama di questa favola un’allegoria del crescente decadimento spirituale e morale dell’umanità presente, che vive l’epoca del Kali Yuga indù corrispondente all’Età dell’Oro greco/romana del nostro Ciclo Cosmico.

E’ una vita ordinaria infatti quella che progressivamente ci si impone, caratterizzata da un graduale allontanamento dai princìpi spirituali iniziali e con una conseguente materializzazione del reale.
L’allontanamento dal mondo della Tradizione ha comportato per i più una deviazione dalla giusta mentalità. Si modifica infatti la percezione dello spirituale, sorgono nuove istituzioni sociali, nuovi paradigmi ideologici.
Nascono il razionalismo e le scienze sperimentali, con il rifiuto delle verità ontologiche precostituite. Nascono così le teorie filosofico-scientifiche che escludono tutto ciò che appartiene alla dimensione del sovrasensibile.
Tutto viene ricondotto ad elementi puramente umani e materiali. Si ha in una sola parola la progressiva “solidificazione” del mondo.

 

Questo nuova “Credo mistico” al cui ritmo si muovono le generazioni presenti, è rappresentato nella nostra favola dal Pifferaio di Hamelin e le generazioni presenti sono rappresentate dai bambini della città di Hamelin che seguono ciecamente il Pifferaio senza accorgersi di andare incontro a perdizione certa.
La parola tradita da parte del sindaco e dei suoi cittadini simboleggia per noi l’irriconoscenza dell’attuale umanità verso il mondo del sacro, dell’invisibile, dimensione non più percepibile oggi dalla maggioranze delle persone.

L’episodio dei genitori che cercano di trattenere i figli dall’andare dietro al Pifferaio, rappresenta sempre per noi quello che nel Vangelo di Luca è l’episodio del Ricco Epulone. Questi, uomo ricco ed egoista in vita, dopo il decesso si trova all’inferno mentre il mendicante Lazzaro cui il ricco Epulone mai in vita aveva fatto elemosina, sta in paradiso con Abramo.
Il Ricco Epulone invoca pietà per la sua condizione di tormento, ma Abramo gli dice che questa non può essere concessa.
Allora l’Epulone chiede ad Abramo di mandare Lazzaro nel mondo dei vivi a casa di suo padre dove ha cinque fratelli, per ammonirli onde evitare che abbiano poi il suo stesso destino. Ma Abramo inflessibile gli risponde che i suoi fratelli hanno l’insegnamento di Mosè
e dei Profeti, che ascoltino loro.

I genitori dei bambini rappresentano il Ricco Epulone che ha sbagliato in vita. I bambini rappresentano invece i fratelli del Ricco Epulone, che come lui non seguono la legge religiosa e non ascoltano i suoi ammonimenti. Genitori e bambini della favola simboleggiano quindi l’umanità presente presa in due momenti cronologici successivi.
I genitori sono l’umanità che precede quella dei figli. Quella ha peccato di meno e il suo tormento, per legge di contrappasso, è il dolore genitoriale per la perdita dei propri figli.
I bambini rappresentano invece l’umanità successiva a quella precedente dei genitori, un’umanità più peccaminosa questa e che ha quindi come legge del contrappasso non il tormento del dolore, ma la morte certa.

Nella favola del Pifferaio magico, tra tutti i bambini uno solo se ne salva.
E’ lo zoppettino, quello diverso dagli altri. Lui nella sua diversità può essere paragonato alla “pietra angolare, la testata d’angolo”, che proprio per la sua diversità trova nell’edificio in costruzione un incastro specifico senza il quale l’edificio non risulta ben sorretto.
La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo”, Salmi, 118-22.
Il bambino zoppettino della favola rappresenta quindi chi oggi è diverso dagli altri, chi non ragiona come la massa, chi non è disposto ad essere condizionato, chi è indifferente alle superstizioni e alle deviazioni al cui ritmo sincopato danzano le generazioni ultime.
Quel bambino, nella sua diversità, rappresenta il “convitato di pietra” che è in grado oggi di ripristinare i giusti rapporti, le giuste distanze con quel “Regno lontano” di cui ormai ai più sfuggono anche i contorni e di raggiungerlo quel Regno compiendo a tal fine un movimento di “rivoluzione” spirituale, inteso questo nella sua accezione astronomica del termine, cioè come ritorno al punto di partenza.
Chi rimane indietro come lo zoppettino della favola, in realtà è avanti rispetto agli altri!

 

Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Aprile 2020