RACCONTO: COSA SOGNA LA MIA GATTA? di Mauro Banfi
“Noi siamo come gli animali
viventi sullo scudo di Efesto-
fenomeni estetici ma crudeli!“
Friedrich Nietzsche,
Frammento postumo.
Quando si torna a casa stanchi, dopo una giornata di lavoro, non c’è niente di più rilassante del trovare la tua micina ad aspettarti sul divano. Entro in salotto, mi spoglio degli abiti del lavoro e vado a fare una bella doccia calda.
Scorgo la mia pucci-pucci che ronfa sonoramente, raggomitolata sul suo cuscino in armonica forma circolare, che mi spia con un minimo spiraglio d’occhio, color oro, socchiuso. Finito di lavarmi, torno da lei e la ritrovo immersa in un profondissimo sonno in fase R.E.M.: sta sognando. Il suo corpo, completamente rilasciato, è a tratti agitato da brevi sussulti a livello delle zampe e delle vibrisse.
Noto, inoltre, che anche i suoi globi oculari sotto le palpebre, stanno vibrando in modo impercettibile. E’ in questi momenti, asseriscono i medici, che l’uomo come il gatto, conosce l’attività onirica vera e propria, essenziale alla sua sopravvivenza.
E’ provato il fatto che, se veniamo privati dei nostri sogni profondi, possiamo soffrire rapidamente di gravi turbe psichiche.
E’ meravigliosa!
Ora sta emettendo una vocalizzazione prolungata che sembra una nota musicale d’intenso piacere, un richiamo all’avventura, al gioco… un invito al viaggio, al lasciarsi cadere addormentati in sfere esistenziali parallele. Che cosa stai sognando, Pucci-Pù? Mi accuccio accanto a lei, emetto un profondo sbadiglio e sento il prepotente bisogno d’addormentarmi…
“Vieni, vieni, padroncino… ti stavo aspettando…perché ti sei avventurato nel cuore del mio sogno? Senz’altro tu cerchi, voi umani, da sempre, cercate sempre qualcosa, cosa vuoi?”
“La giustizia, puccina…”
“La giustizia? E’ un’illusione, non la troverai né qui né in altre dimensioni…”
“Allora la saggezza, o baffina…”
“La saggezza non appartiene al sogno, per quanto le visioni oniriche siano il cumulo, la somma di tutti gli attimi vissuti da ognuno di noi; ed è questa l’unica saggezza che conta: vivere di persona le proprie esperienze, di prima mano, in sorgiva battuta… non per sentito dire, non per dovuto vivere, non perché si dice che questo è bene e questo è male…”
“Ti chiedo almeno la RIVELAZIONE, o flessuosa…”
“La RIVELAZIONE? Quella sì, che appartiene al sogno. Può essere tua, ma solo se il tuo cuore è forte… seguimi… preparati a pagare il prezzo che è dovuto alle intense emozioni…”
Mi accompagnò attraverso un bosco, fino ad una grotta abbandonata, in riva ad un fiume impetuoso. Pucci-Pucci mi fece un cenno con la zampina di penetrare in quell’antro oscuro:
“Va e guarda…”
Entrai e vidi il buio illuminarsi di roventi faville incandescenti e sentii sordi, febbrili colpi di mazza su un’incudine.
Davanti a me si levò, possente come un Orco, Efesto, il dio dei Fabbri, intento a forgiare meticolosamente uno scudo con un metallo allo stesso tempo riflettente e iridescente, uno splendido specchio cangiante dai mille colori. Mi disse: “Seguimi” e come in un incantesimo mi ritrovai a sprofondare coi piedi in una fine sabbia dorata, su di un’immensa spiaggia assolata, davanti al vasto Oceano blu.
Efesto porse il suo scudo-specchio al dio della Vita, Proteo, il potente mago, Signore delle multiformi superfici. Pure lui mi sorrise e si voltò lentamente ad osservarsi nello specchio screziato.
Magia! Il suo riflesso non era la riproduzione di un volto, ma l’infinita molteplicità delle creature e dei corpi celesti, l’immane trascorrere d’immagini e forme colorate, l’intreccio indissolubile di persone e situazioni… Quindi, il mondo è solo una visione e la sua natura soltanto contemplazione… Dunque, noi siamo solo delle immagini e anche il dolore, la malattia e la morte, sono solo apparenza!
Io sono solo l’allucinazione di un dio, non ha senso temere la vita…
Mi sveglio di soprassalto…
Sono sdraiato sul divano… sento qualcosa d’umido sulla mia fronte… la mia Puccina mi sta leccando con la sua lingua che sembra carta vetrata! Si accoccola sulle mie cosce e comincia a fare le fusa…
Ron ron ron ron ron ron ron…
Autore: Mauro Banfi
Messo on line in data: Marzo 2006