RACCONTO: LA PERLA di Graziella Caropreso
Ci sono dei periodi nella vita di tutti noi, in cui ci sentiamo un po’ sottotono, non proprio depressi, ma con lo stato vitale un po’ più basso del solito. I motivi possono essere i più disparati, Lavinia pensava di trovarsi proprio in una di queste fasi nella sua vita. Si sentiva stanca fisicamente, non che le mancassero le idee e la voglia di fare ma era proprio quando pensava di alzarsi per metterle in pratica che rimaneva seduta e rimandava il tutto. Questo non era da lei, Lavinia una ragazza sempre molto attiva dinamica, per alcuni forse anche un po’ troppo sempre in movimento.
Quella mattina di primavera, stava uscendo un bel sole, si sentivano cinguettare gli uccellini in giardino, le piante al contrario di lei, stavano facendo le corse a far sbocciare tutti i fiori, pareva ci fosse una vera olimpiade sul prato sotto gli alberi; i colori si susseguivano in onde di tutte le gradazioni. Il mixed border all’inglese ben pensato e realizzato da Lavinia nel tempo, stava ora dando riprova del buon esito. La passione per il giardinaggio era sempre stata vivissima in lei, la ragazza dotata naturalmente di pollice verde, traeva gran soddisfazione dalle amiche piante che collaboravano ai progetti ideati da lei. A vederla senza esser visti c’era da rimanere a bocca aperta, lei seminava piselli odorosi sotto il maggiociondolo, raccomandando agli uni e all’altro di stringere amicizia e solidarietà, di sostenersi a vicenda valorizzando così la loro bellezza in giardino.
Diceva alle sue adorate rose rampicanti, di accogliere tra i rami gli esili tralci delle clematis, in un abbraccio d’amore, che le tenesse unite per sempre, accostando i viola con i gialli ramati, i bianchi coi cremisi e altro ancora. Loro la stavano a sentire, ascoltavano i suoi consigli e parevano esserle grate per i buoni suggerimenti, infatti il risultato era davvero molto gradevole all’occhio di chi si trovava a passare di là. Normalmente tutti i gatti della casa, la seguivano nelle sue passeggiate in giardino, si arrampicavano sugli alberi o si acciambellavano sopra le panchine, creando così l’effetto di statuette da giardino semoventi. Davvero un bell’acquerello.
Ma questa primavera l’aria già dolce di maggio, aveva invece sottratto energia dal fisico di Lavinia, lei stessa non si sentiva in se stessa. Strana sensazione per lei inconsueta. Leggeva Lavinia, leggeva moltissimo, libri di narrativa, inerenti se possibile la vita in campagna, nella natura. Si immedesimava nelle trame dei suoi libri come ad esserne uno dei personaggi. Dalla casa in collina si vedeva all’orizzonte il mare, la grande tavola blu, che da sempre la spaventava ma anche la attraeva. Non poteva non avvicinarsi ad ascoltare la voce ripetitiva, quella delle onde del mare calmo, oppure quella imprevedibile del mare arrabbiato che urlava verso l’alto con fare minaccioso; Lavinia capiva le parole anche del mare, non ne aveva paura, e gli rispondeva, aveva trovato una roccia sotto al faro, si sedeva lì e incominciavano delle lunghe conversazioni azzurre, che arrivavano fino al cielo talvolta, il vento interrompeva spesso e allora lei e il mare lo lasciavano cantare, è un grande tenore il vento, porta le sue parole molto lontano per chi sa ascoltarle, per Lavinia era forse il più bel canto della natura. I gabbiani tracciavano bellissimi disegni nell’aria a fior d’acqua, bello sarebbe stato unirsi a loro…
Doveva trovare la forza di uscire di casa, vincere l’apatia e andare incontro a tutti questi suoi amici che sembravano chiamarla a gran voce al di là delle finestre.
… Laviniaaaa, Laviniaaaa, esci, vieni fuori da noi… In giardino la brezza muoveva le graminacee, dando l’idea di una serie di onde marine verdi, eteree. La tenda della finestra della sala svolazzò anch’essa, sembrava una vela issata su un’imbarcazione. Il messaggio era chiaro: Lavinia devi uscire e salire sulla barca del tuo mare fiorito, là è la tua vita, vinci l’inerzia che ti lega alla poltrona, e lasciati avvolgere dal vento che sta cantando là fuori. Un ultimo sguardo al divano comodo e poi voltate le spalle si avviò all’uscita. Aprì la porta e subito la canzone del vento la condusse sul prato, dove tutte le margheritine la stavano osservando aspettandosi evidentemente qualcosa da lei, i tralci di una clematis le avvinghiarono un braccio, Lavinia fece qualche passo nella direzione voluta dai fiori porpora, non vide un tralcio del glicine raso terra e inciampò cadendo sul prato. All’orecchio un sussurro le disse di cercare dietro alla bordure dei gigli sotto la siepe mista. Ma chi le aveva parlato?
Non c’era nessuno lì, solo una rosellina miniature, un fiorellino semplice a due colori rosa e giallo; la pianticella ancora piccolissima ottenuta da innesto, era una rampicante nana di una varietà americana, voluta intensamente da Lavinia che se l’era procurata con non poche difficoltà. La rosellina ripeté di andare a cercare una perla sotto la siepe mista vicino ai gigli. Lavinia senza pensare più di tanto si recò sul luogo, aveva composto una siepe utilizzando essenze diverse, per avere differenti fioriture, fogliame, bacche e profumi a profusione, in maniera appunto non organizzata e precisa. Le piante erano libere di crescere senza la costrizione delle potature, nelle loro forme naturali e spontanee. Consapevoli di questo si erano abbracciate fra loro nel tempo, e non era insolito vedere una rosa rugosa spuntare da un viburno, o una rampicante avvilupparsi a un nocciolo contorto. Davanti alla siepe una fila di fioriture spontanee o bulbose particolari si comportava da collana girocollo per gli arbusti.
Lavinia si affrettò a guardare tra i gigli seguendo il suggerimento della rosellina, sentì come un cinguettio, prima sommesso, poi con il suo avvicinarsi, sempre più intenso, fin quando riuscì a localizzarne la provenienza…. Sotto una foglia verde scura e lucida di ilex, vide spuntare una testolina bianca e nera, non più grande di una noce, due occhietti turchini: non si trattava di un uccello bensì del più piccolo gattino mai visto! Talmente piccolo che avrebbe potuto accucciarsi comodamente sulle corolle di una peonia, Lavinia lo fece salire sulla sua mano e la piccola meraviglia la guardò intensamente, con un musino un po’ ostinato a dire il vero, ma dolcissimo. Si reggeva sulle zampette malferme, ma la vocina era tutt’altro che indecisa, anzi chiamava a gran voce probabilmente la sua mamma.
Lavinia lo strinse a sé rassicurandola e facendole vedere in qual bellissimo posto si era trovato, circondato da fiori colorati, un morbido prato, tanti altri amici gatti, un profumo inebriante nell’aria e altri amici che avrebbe conosciuto col passar del tempo. Gli occhietti sgranati di quel che si rivelò essere una gattina, fecero capire subito a Lavinia che era giunto il momento del risveglio, il momento di ricominciare a guardare avanti e intorno a sé, che la vita la stava attendendo. La natura si era stancata della sua apatia, il mare aveva detto al vento e ai gabbiani, che da tempo nessuno si era più seduto sotto il faro, a chiacchierare piacevolmente, così il vento aveva cantato la canzone più bella che sapeva, portando il messaggio al cuore stesso della natura, che lo aveva inviato direttamente alla destinataria, senza mezzi termini, in quella specie di cinguettio-miagolio c’era la forza intera dell’universo e Lavinia la percepì pienamente. Di corsa andò a ringraziare le sue rose, le clematis, i fiori di campo, e gli alberi tutti e ancora gli scoiattoli; correndo andò giù al mare, raggiunse il faro e tutto l’attendeva con aria di festa, la giornata azzurra era intorno a lei a fare gran festa per il suo ritorno.
Autore: Graziella Caropreso
Messo on line in data: Luglio 2006