RACCONTO: LA MAGICA ESSENZA di Astfelia
“E anche stavolta è andata così:” sospira tristemente Giuseppe, dopo aver fatto l’amore con me, girandosi dall’altra parte del letto.
“Così come, scusa?” chiedo con voce falsamente sorpresa, tirandomi il lenzuolo fino al mento.
“Sì, sì, fa finta di non capire!” sbuffa lui “Sai benissimo cosa intendo: anche stavolta non hai provato nulla.”
“Ma no, non è vero, è stato… molto bello.” E non potrei avere un tono meno convincente di così.
Il mio uomo si volta per lanciarmi uno sguardo di fuoco: “Ti diverti a prendermi in giro?”
Perdo la pazienza: “Insomma che diavolo vuoi? Stiamo insieme da parecchi mesi e lo sai che io ho dei problemi a causa della mia depressione!”
“Qui non c’entra la depressione” replica lui “A te non va il sesso o per lo meno non ti va con me. E poi pretendi anche che ci sposiamo! Ma che vita sarebbe la nostra?”
Mi metto a piangere, come da copione: “Insomma basta! Non è colpa mia se sono così!”
“Invece sì, è colpa tua, perché non fai niente per risolvere il tuo problema.”
“E che dovrei fare?”
“Per esempio andare da un dottore.”
Sobbalzo: “Intendi forse…” non riesco nemmeno a pronunciarlo “…Da un sessuologo?”
“Esatto.”
“No!” grido, atterrita dalla prospettiva “Non puoi chiedermi una cosa del genere!”.
Giuseppe si sta rivestendo per andarsene da casa mia: “Te lo chiedo invece, perché così non si può continuare. Se questo problema non si risolve in qualche modo, finirà per dividerci.”
“Non lo dire, non pensarlo nemmeno!” grido ancor più forte, ma lui se ne va senza aggiungere altro, incurante di lasciarmi in lacrime.
Sono nella sala d’attesa dello studio di un sessuologo. Vorrei scappare. C’è un ragazzo seduto nella poltrona di fronte a me. Mi sorride: “Agitata?”
“Mi sento a disagio.” ammetto.
“La prima volta è sempre così.” replica placidamente.
Il dialogo col sessuologo è un disastro: le sue numerose, incalzanti domande mi creano un imbarazzo estremo ed il più delle volte non riesco a rispondergli. Alla fine mi sento male. Il medico se ne accorge, mi dà un po’ d’acqua e zucchero, poi, stringendosi nelle spalle, mi dice: “Forse lei ha bisogno ancora di un po’ di tempo prima di affrontare la terapia. Per ora non fissiamo il prossimo appuntamento. Mi richiami lei, quando si sente pronta.”
Esco dallo studio in lacrime, bianca come un lenzuolo. Non mi accorgo che il ragazzo di prima mi segue fuori dallo studio. In strada me lo ritrovo accanto: “Stai male?”
Sussulto: “Ma tu che vuoi?”
“Solo accertarmi che non sei moribonda.”
“Grazie per la premura, credo che sopravviverò. Ma tu non dovevi entrare dal medico?”
“E che mi importa? Ci vado un’altra volta, tanto…”
Non sono abituata a dar confidenza agli sconosciuti, ma sono talmente fuori di me che mi ritrovo in un bar a bere un caffè con questo bel giovanotto che mi dice di chiamarsi Stefano.
“Piacere, Francesca.” E ci stringiamo la mano, attraverso il tavolino.
Mi racconta tutto di sé: ha ventinove anni e va dal sessuologo perché è gay. Veramente a lui va benissimo esserlo, ma il padre non lo accetta e ce lo manda per forza, se no gli taglia i viveri.
“Ma non durerà molto questo strazio.” conclude Stefano “Tra poco inizierò un nuovo lavoro e andrò a vivere per conto mio, così mio padre se ne andrà al diavolo e il suo amico sessuologo insieme a lui, tanto l’ho sempre preso in giro e gli ho raccontato un sacco di balle.”
Rido e dopo un po’ mi ritrovo a confidargli i miei problemi. Stranamente, con lui non mi sento a disagio, forse perché è gay, è più giovane di me e non sembra una persona che giudica.
“Ho la sensazione che diventeremo amici.” mi dice Stefano e infatti alla fine ci scambiamo i numeri di telefono, con la promessa di sentirci presto.
Passano i giorni e fra me e Giuseppe va sempre peggio. Lui ovviamente mi chiede com’è andata dal sessuologo. Gli mento: “Ha detto che ci vorrà del tempo, la terapia è lunga…”
“Ma si risolverà?”
“Sì, certo… almeno credo…” E intanto guadagno tempo.
Steve, cioè Stefano, ma preferisco chiamarlo così e anche a lui piace, mi telefona spesso per sapere come va. A lui confesso la verità: “Dico un sacco di bugie e dal sessuologo non ho nessuna intenzione di tornarci.”
Ride: “Io faccio le stesse cose. Stessa lunghezza d’onda, eh Fran,?”
Di professione Steve fa il fotografo ed ora ha iniziato a lavorare seriamente, guadagnando un discreto stipendio. Perciò ha potuto lasciare la casa paterna per trasferirsi in un grazioso monolocale, ed io gli ho dato una mano nel trasloco. Ci siamo fatti un sacco di risate insieme, mettendo su la sua nuova casa e lui, ogni tanto, cercava di catturare una mia buffa immagine con la sua macchina fotografica, ridendo delle mie vivaci proteste, perché io odio essere fotografata.
La verità è che stiamo magnificamente insieme, ma, quando ci vediamo, devo mentire a Giuseppe, dicendogli che vado dal sessuologo e per questo mi sento molto in colpa. Tuttavia ormai non riesco più a rinunciare a Steve: con lui parlo di tutto e mi trovo molto più a mio agio che con le mie amiche, tutte fanatiche del sesso e completamente prive di comprensione per i miei problemi con quello che loro considerano il miele della vita. Bah! Quando attaccano a descrivermi le loro avventure erotiche, entrando nei dettagli più intimi, mi creano un tale imbarazzo che vorrei scomparire. Loro se ne accorgono e secondo me ci godono, per questo ormai le evito sempre di più.
Con Steve questi problemi non esistono ed abbiamo tanti interessi in comune: entrambi amiamo i gatti (lui ne ha quattro, io due), la musica rock, i vecchi film. Così ogni tanto ci ritroviamo da me o da lui a vedere una videocassetta o un dvd, in compagnia dei nostri adorati mici.
Inoltre Steve ha un hobby particolare: prepara essenze profumate che hanno una fragranza straordinaria. Me ne ha regalato alcuni campioni al mandarino, alla lavanda, alla rosa e, quando le indosso, mi danno una grande sensazione di benessere.
Glielo dico e risponde semplicemente, strizzandomi l’occhio: “E’ ovvio, Fran, le mie essenze sono magiche!”
A questo proposito, ho visto che ha in casa molti libri riguardanti magia ed esoterismo, ma quando gli chiedo qualcosa riguardo a questi suoi interessi, scuote la testa, sorridendo con aria misteriosa e mormorando un assai vago: “Mmmm…”
All’improvviso la catastrofe: Giuseppe telefona al sessuologo per sapere come procede la mia terapia e il medico gli rende noto che sono andata da lui un’unica volta e poi sono sparita.
Ne consegue un furioso litigio e, per sua decisione, la rottura definitiva tra noi: è stufo, l’ho deluso troppo e si sente preso in giro da me. A nulla valgono le mie lacrime e le mie suppliche: mi dice senza pietà di non volerne più sapere di me.
Cado nella disperazione più totale e telefono a Steve. Lui capisce che la situazione è precipitata, appena finisce di lavorare viene a prendermi e mi porta a casa sua per prendersi cura di me.
Gli dico piangendo che la mia vita è finita, perché amo da morire Giuseppe e non sopporto l’idea di perderlo.
Tenendomi stretta a sé, il mio amico cerca di calmarmi e mi dice che, se Giuseppe mi ama veramente, tornerà presto da me. Non ci credo, so che è troppo arrabbiato.
Quando sono in grado di esprimermi un po’ meno convulsamente, racconto a Steve che le mie due migliori amiche (ho telefonato anche a loro, in lacrime, mentre aspettavo Steve) hanno commentato che è meglio così, perché evidentemente Giuseppe non è l’uomo giusto per me e magari con un altro i miei problemi col sesso si risolverebbero.
“Magari hanno ragione.” azzarda Steve.
“No,” piagnucolo io “perché Giuseppe non è il mio primo uomo, ho avute altre esperienze in passato ed è sempre andata nello stesso modo: ho dovuto fingere con tutti.”
“Forse non hai mai trovato l’uomo davvero giusto per te.”
Mi spazientisco: “Ma smettila Steve, è chiaro che sono io. Ho un problema grave col sesso e questo condizionerà tutta la mia vita sentimentale, perché tanto io non ci credo che gli psicologi e i sessuologi possano guarirmi.”
Steve tira un sospiro profondo: “Se vuoi la verità non ci credo neanch’io, ho sempre pensato che siano solo dei ciarlatani, ma tu, da sola, potresti forse scoprire la causa del tuo problema e poi vedere di risolverlo.”
“E come faccio?”
Altro profondo sospiro del mio amico.
“Insomma, Steve, smetti di sbuffare come una locomotiva ed esprimiti!”
“Non sto sbuffando, solo pensavo…”
“Cosa?”
“Fran, non so se ti senti di parlarmene, ma devo chiedertelo: qualche uomo ha forse abusato di te o ti ha fatto del male?”
“No! Giuseppe è dolcissimo e nessuno dei miei ex mi ha mai usato violenza o traumatizzata in qualche modo, erano tutte persone normalissime.”
“Ne sei sicura? Non è che magari da bambina…”
“Da bambina ero superprotetta dai miei meravigliosi genitori e non mi è mai accaduto nulla di male, ne sono sicura, lo saprei se non fosse così. Non ci credo a quelle teorie delle cose rimosse. Io, della mia vita, mi ricordo tutto, sia le cose belle che quelle brutte e quella che mi sta capitando ora, perdere Giuseppe, è di certo la peggiore!” e qui scoppio di nuovo a piangere come una fontana.
Steve mi batte affettuosamente la mano sulla spalla: “Su, calmati, vuol dire che devi cercare più indietro.”
“Che? Più indietro dove?”
Ennesimo sospiro: ho la sensazione che Steve voglia dirmi qualcosa, ma non riesca a decidersi.
“Allora?”
“Fran, intendo dire prima della tua nascita, prima della tua vita attuale.”
Lo guardo stralunata: “Cioè stai parlando del karma, della reincarnazione, delle esistenze passate e di tutte queste scemate qui? Da quando in qua ti sei convertito al Buddismo?”
“Lo sai che non mi sono mai convertito a nessuna religione e sono agnostico, come te, ma nel mio agnosticismo non escludo nulla e do una chance a tutto, anche alla reincarnazione.”
“Ma dai, Steve, farnetichi. E poi anche se avessi avuto delle altre vite, chi se le ricorda?”
“Nessuno può, se non tu.”
“Ma come diavolo faccio?
“E va bene.” Si alza dal divano e va a prendere una delle sue boccette delle essenze. Torna verso di me e me la porge: “Ti fidi di me, Fran? Sì, vero? Allora fai ciò che ti dico: prendi un recipiente di vetro rotondo, riempilo con dell’acqua calda, mettici una manciata di sale, i petali di un’orchidea e questa mia essenza. Tieni vicini a te i tuoi gatti mentre fai questo lavoro, loro ti aiuteranno. Concentrati più che puoi, fissando il contenuto del recipiente e forse riuscirai a vedere qualche frammento della tua vita passata.”
Scoppio a ridere: “Ma mi prendi in giro?”
Lui invece è serissimo: “Lo sai che non ti prenderei mai in giro. Pensavo ti fidassi di me.”
“Ma sì, certo, di te mi fido, ma mi sembra tutto assurdo!”
Mi sorride: “Lo so, ma non pensarci. Dopotutto è solo un esperimento e non ti costa nulla, no? Se vuoi, l’orchidea te la regalo io.”
Mi rigiro fra le mani la boccetta contenente un liquido rosso fuoco: “Posso sentire il profumo?”
Mi ferma la mano che sta per aprire la boccetta: “Assolutamente no, devi aprirla solo quando la userai per ciò che ti ho detto. Questa è davvero un’essenza magica e ha un profumo talmente speciale da risvegliare il passato.”
Mi viene ancora da ridere: “Steve, mi sembra davvero tutto assurdo!”
Il mio amico mi tira in piedi e mi abbraccia, sussurrandomi all’orecchio: “Prima legge della magia: non dubitare e non fare troppe domande al mago.”
I giorni successivi passano tristi e lenti. Non faccio che chiamare Giuseppe, ma a casa c’è sempre la segreteria telefonica e tutti i messaggi lasciati da me vengono ignorati, al cellulare non mi risponde proprio. Che devo fare? Mi sento persa e per fortuna sono in ferie, altrimenti non riuscirei a svolgere nemmeno il mio lavoro di bibliotecaria.
Mi arriva a casa una splendida orchidea da parte di Steve. Quando il ragazzo del fioraio me la consegna, mi viene da ridere: il mio amico, sedicente mago, si è proprio fissato!
Passo un’intera giornata a rigirarmi fra le mani il fiore e la boccetta contenente la “magica essenza”. I miei due gatti siamesi mi guardano insistentemente e mi sembra di scorgere nei loro occhi blu una specie di esortazione. Bah, sono tutte fantasie, ma infine, nella tarda serata, mi ritrovo ad eseguire il rito, pur sentendomi del tutto idiota.
Mentre preparo sul tavolo il recipiente di vetro rotondo, i due siamesi si collocano ai lati di esso, immobili come statue, osservando attentamente ogni mio gesto. Mi siedo davanti al recipiente ed apro finalmente la boccetta dell’essenza per versare il liquido rosso nell’acqua calda col sale e i petali dell’orchidea sacrificata che galleggiano in superficie. Un profumo particolarissimo ed inebriante si sprigiona dalla boccetta, mentre verso l’essenza nell’acqua che diventa rossa. Aspiro il profumo, cerco di concentrarmi e improvvisamente cado in una specie di stato di trance.
Nel recipiente di vetro l’acqua inizia a muoversi vorticosamente ed è come se la mia anima si dividesse in due parti: una resta nel mio corpo per mantenerlo in vita, anche se debole ed in preda al torpore, l’altra entra nel recipiente ed i miei occhi ipnotizzati vedono a poco a poco comparire delle immagini nell’acqua rossa, fra i petali d’orchidea…
Mi chiamo Rose Keller e sono un’operaia, ma ho perso il lavoro un mese fa, perché ho commesso troppi errori e sono stata licenziata. Ora non ho più un soldo, è il giorno di Pasqua ed ho tanta fame. Non ho famiglia, non ho nessuno che possa aiutarmi. Non ho scelta.
Vago di notte per le strade e mi ritrovo in un vicolo frequentato solo da prostitute.
So di essere abbastanza graziosa, anche se troppo magra. Forse qualcuno mi noterà fra le altre che sono tutte più vecchie di me e di sicuro non vergini. Così, vendendo il mio corpo, guadagnerò qualche soldo per sfamarmi nei prossimi giorni. Ma devo smettere di piangere.
Passa una carrozza e si ferma. Resto immobile. Un signore scende e viene verso di me, ignorando le altre prostitute che gli si affollano intorno e sbraitano: “Signore, bel signore, vieni con me!”
Si ferma di fronte a me e mi fissa. Guardando timidamente il suo volto alla luce dalla luna piena, mi accorgo che è di una bellezza indescrivibile e rimango ammaliata dal suo sguardo. Sorride in un modo che mi pare irresistibile, anche se vagamente sinistro, mentre mi solleva il viso con una mano sotto il mento, per osservarmi meglio: “Sei graziosa.” sussurra con voce profonda e poi la sua mano scende insinuandosi nella scollatura del mio vestito. Tremo e lui ride: “Non dirmi che sei vergine… E’ possibile, visto che sei così giovane. Come ti chiami, bambina?”
“Rose, signore”
Sfiorandomi il collo e i capelli, mi chiede con voce indefinibile: “Vuoi venire con me, piccola Rose?”
Mentre salgo con lui sulla sua carrozza, i valletti devono trattenere le altre prostitute che protestano violentemente per la scelta del signore: a giudicare dalle apparenze, egli deve essere un nobile molto ricco.
La paura mi è passata e mi sento in preda ad una strana euforia, come se l’affascinante sconosciuto mi avesse del tutto soggiogata, stregata col suo sguardo ammaliante. Non riesco a distogliere gli occhi dal suo volto bellissimo, mentre sono seduta accanto a lui nella sua carrozza.
Essere posseduta per la prima volta da lui sarà meraviglioso e forse non gli chiederò nemmeno di pagarmi, ora non sento più i morsi della fame, ma solo il desiderio di lui.
Con voce appena udibile riesco a chiedergli: “Come vi chiamate, signore?”
Accarezzandomi una guancia, mi sorride in quel suo caratteristico modo irresistibile e sinistro ad un tempo: “Mi chiamano … il Divin Marchese.”
L’articolo di un giornale francese del 1768:
“Rose Keller, un’operaia ridotta alla mendicità, scappa dalla finestra di una casa a Arcueil dove vive il marchese Donatien de Sade. La ragazza si lamenta in paese di essere stata sequestrata, quindi fustigata: il marchese l’avrebbe terrorizzata con minacce di morte, e poi frustata per procurarle ferite che sarebbero dovute servire solo a sperimentare un liquido di sua invenzione, che farebbe guarire in pochi giorni. Rose Keller, la vittima, dà il via ad uno scandalo e Sade è arrestato e condannato.”
Ciò che il giornale non riporta, ma che io vedo nella mia acqua rossa dal profumo inebriante, è il suicidio di Rose Keller, la me stessa di una vita passata, che impazzì e si impiccò in seguito ai suddetti eventi.
Mi riprendo leggermente dal torpore che si è impadronito di me. Ora so tutto, ho capito tutto.
Il profumo dell’essenza rossa ha impregnato tutta la stanza e adesso mi nausea. Anche i gatti se ne sono andati. Con grande fatica butto via il contenuto del recipiente, lo lavo e spalanco la finestra. Poi vado a letto senza nemmeno svestirmi. Vorrei chiamare Steve, ma ora non ci riesco, non mi sento affatto bene. Esausta, crollo in un sonno profondo con i miei gatti accanto a me sul letto.
Nella tarda mattinata del giorno seguente vengo svegliata da una lunga scampanellata. Riesco faticosamente ad andare ad aprire la porta e crollo fra le braccia di Steve che mi solleva e mi riporta a letto. “Tesoro, sei pallidissima e hai la febbre.” constata, sedendosi accanto a me: “Ce la fai a raccontarmi cos’è successo?”
“Sì, se mi porti un po’ d’acqua fresca.” rispondo debolmente “Ma prima, dai da mangiare ai gatti. Hanno fame e io proprio non ce la faccio.”
Steve si occupa delle mie bestiole, mi porta l’acqua, mi aiuta a bere e si risistema accanto a me, prendendomi la mano: “Allora, Fran?”
Gli racconto tutto per filo e per segno: “Così ora so, ho capito.” concludo “Avevi ragione tu, Steve.”
“Sì, ma stai calma ora. Hai vissuto un’esperienza molto intensa e sei ancora stremata. La febbre ti passerà entro oggi e, quando ti sentirai meglio, riprenderemo il discorso. Ora continua a riposare. Resto qui, vicino a te finché non ti riaddormenti.”
Come previsto da Steve, il giorno dopo sto bene. A casa sua, sul suo divano riprendiamo a parlare:
“Ora so tutto, conosco l’origine del mio problema e, a questo punto, ci devo credere per forza alla storia della reincarnazione, ma di certo, nella mia esistenza passata, non avrebbe potuto andarmi peggio di così: sono stata addirittura una vittima del marchese de Sade, pazzesco!”
“Sì, la vittima che ha dato origine alla lunga serie di scandali su di lui. Ma ora tutto questo non ti riguarda più e, col tempo, guarirai.” mi assicura Steve, stringendomi le mani.
“Ma come? Come? A che cosa mi serve sapere?”
Sorride: “A cosa ti serve, Fran? La consapevolezza è tutto e tutto è nella consapevolezza! Lo spirito del Divin Marchese, probabilmente ora vaga disperato nell’universo, perché sa di essere stato scoperto dalla vittima che finora ha perseguitato, perciò si allontanerà da te e non ti disturberà più: la tua consapevolezza lo spaventa troppo. Guarirai, Fran, te lo prometto.”
Mi salgono le lacrime agli occhi: “Ma non ho più Giuseppe, Steve, lui non crederebbe mai ad una simile storia e non tornerà mai con me.”
“Mai dire mai!” sentenzia il mio amico, asciugandomi dolcemente gli occhi con una mano. “Coraggio dolcezza, non più lacrime, tra una settimana è il tuo compleanno e bisogna festeggiare!”
“E chi ha voglia di festeggiare? Preferisco non pensare che ho già trentatré anni, mi intristisco ancora di più se ci penso, perché, sia pure con tutta la mia consapevolezza improvvisamente acquisita, sono rimasta di nuovo sola.”
Steve aggrotta le sopracciglia: “Sola? Come sarebbe a dire sola? Hai tante amiche, anche se un po’ fuori di testa, lo ammetto, hai il tuo lavoro, i tuoi adorati gatti e infine hai… me!” sorride un po’ malinconicamente: “Beh lo so che per te non sono proprio il massimo e non posso aiutarti a guarire, perché sono tanto gay…” e si stringe nelle spalle “Ma, dopotutto, anche se fra noi non ci sarà sesso, ci sarà pur sempre, per rivincita, un’amicizia eterna, un affetto immenso, una complicità che gli altri neanche si sognano! E tutto questo ti sembra poco?”
Finalmente mi torna il sorriso e lo abbraccio forte: “No, Steve, non è affatto poco.”
“Bene.” mormora, accarezzandomi i capelli. Poi mi scosta leggermente da sé per guardarmi negli occhi: “Allora è deciso, sabato prossimo si festeggia il tuo compleanno!”
Obietto ancora “E se proprio non ne avessi voglia?”
“La voglia ti verrà per magia.”
“Con un’altra delle tue magiche essenze ?”
Mi allunga un buffetto: “No, con un po’ d’amore per te stessa. Seconda legge della magia: non trascurare mai il tuo magico desiderio di essere felice!”
Autore: Astfelia
Messo on line in data: Novembre 2004