SPECIALE NATALE: L’ALBERO, IL VISCHIO E L’AGRIFOGLIO di Katia

L’abete è un albero molto comune sia in Europa che in Italia, su tutto l’arco alpino e sugli Appennini. In Grecia era associato ad Artemide, dea della caccia e della luna. Per gli antichi Celti era l’albero cosmico, divino protettore del giorno di Yule (21-22 dicembre, Solstizio d’inverno). Questo albero, definito strumento di comunicazione tra il firmamento e la terra, raffigurava l’aspirazione umana alla ricerca interiore, quindi questa conifera rappresenta ed identifica l’apertura alla rinnovata consapevolezza spirituale.
I popoli dei paesi scandinavi e germanici, come tradizione, poco prima del Solstizio d’inverno si recavano nel bosco a recidere un abete come rito propiziatorio; portato in casa, veniva addobbato con ghirlande e dolci: un antenato del nostro Albero di Natale. In quella notte magica uomini, donne e bambini trascorrevano allegramente con canti e danze il passaggio delle tenebre alla luce, mentre i falò ardevano illuminando l’oscurità solstiziale.

 

Un’altra pianticella caratteristica di questo periodo è il vischio.
Questa pianta curiosa è un sempreverde che cresce come emiparassita, in genere sulle piante a foglia caduca, raramente sulle conifere. Il vischio ha una crescita molto lenta, le foglie opposte sono compatte e piccole a forma di ali, l’infiorescenza ha un color verdeggiante, ma la peculiarità principale del vischio sono le bacche, dal color madreperla, che contengono il seme cinto da un’essenza vischiosa.
Sacro ai popoli antichi, il vischio veniva raccolto con un atto liturgico, il sesto giorno dopo il Solstizio d’inverno. I Druidi, indossando delle tuniche bianche, tagliavano la pianta con un falcetto d’oro, per poi usarla nei sacri cerimoniali e nelle celebrazioni di purificazione.

Il vischio era considerata un dono delle divinità; i Celti ritenevano che quest’arboscello nascesse dove era scesa una folgore, rappresentazione di una discesa dell’essenza divina sulla terra; inoltre ritenevano che una bevanda particolare composta da questa pianta fosse un potente elisir contro la sterilità: infatti nei riti di fertilità venivano sacrificati, al momento della raccolta, due tori bianchi.
Attivato tramite cerimonie religiose, essi usavano il vischio anche per propiziare buoni raccolti e protezioni al bestiame.
Come ho sopraccitato, il vischio secondo il folclore è ritenuto un buon aiuto per donare prolificità sia nell’esistenza materiale che spirituale ed è ancora oggi molto diffuso come dono nella notte di San Silvestro, regalato di buon augurio a parenti e amici. Messo davanti all’uscio di casa, serve anche per scacciare disgrazie, malefici e demoni.

Si racconta che se due fidanzati passano davanti ad una pianta di vischio, si devono baciare altrimenti la ragazza non si sposerà entro l’anno. Questa antica usanza sembra abbia origine dalla mitologia norvegese. Il dio della pace, Balder, fu ucciso da un dardo di legno di vischio; Odino e Frigga, presi dalla disperazione, restituirono alla vita il loro amato figlio e diedero in dono la pianta di vischio alla dea dell’amore, sancendo che chiunque passasse sotto questa pianta dovesse ricevere un bacio. La mitologia del vischio affascina molto, probabilmente anche perché viene collegato ai Druidi, ai cavalieri ed al mondo sottile della magia.

Nella medicina popolare, le foglie essiccate del vischio hanno delle proprietà antispasmodiche, diuretiche, purgative. In alcuni testi si raccomanda di raccogliere le foglie prima della formazione delle bacche; queste ultime sono piuttosto tossiche, ad ogni modo la raccomandazione è quella di seguire sempre il consiglio medico, perché questa pianta può provocare malesseri e intossicazioni. In studi sperimentali di oncoterapia si è dimostrato che il vischio ha la capacità di inibire la crescita delle cellule tumorali.

Lasciando un pizzico di magia nei cuori, vi narro una leggenda che nonna Gemma, una dolce signora trentina, mi ha raccontato sul vischio. Poi ho scoperto che ci sono varie versioni di questo racconto trentino.
Tanto tempo fa, ma poi non così lontano… In un ricco paesotto di montagna viveva un vecchio avaro. L’inverno aveva già bussato da tempo, e il candore della neve copriva i tetti con i suoi comignoli fumanti. Il vecchio Tone era intento a contare l’incasso dei suoi affitti, se ne stava lì coperto fino alle orecchie nella sua stanza fredda a contare le sue scintillanti monete. Malgrado il freddo, stava ben attento a non usare troppa legna da ardere, sarebbe stato uno spreco inutile. Ecco che un vociare improvviso lo distolse, si alzò e spiò attraverso la finestra: c’erano dei bimbi festanti con i propri genitori, che se ne stavano attorno ad un abete addobbato e lì accanto un uomo vestito da Babbo Natale che sorrideva a quei visi gioiosi.

Se ne tornò al suo lavoro; si sentiva risentito, perché il Natale era già alle porte e la cosa che lo mandava in collera erano gli sprechi: doni, luci, musica, feste (così Tone interpretava il Natale). E come ogni anno si sentiva solo, si barricava in casa isolandosi dal mondo, un’abitudine che durava da alcuni anni, aspettava la fine delle festività per tornare a varcare la soglia di casa. Ecco, giunta notte di Natale, in piazza si udivano i cori che echeggiavano dalla chiesa, e bimbi se ne stavano sospesi nel tempo, nell’attesa della magia suprema. All’improvviso un’anta di una finestra nella casa del vecchio avaro si spalancò. Tone indaffarato andò per chiuderla e si accorse di una cosa che si era dimenticato: nei vecchi ricordi sbiaditi di un tempo che fu, aveva percepito tanto di  quell’amore in quella piazza, i bimbi, le famiglie unite, la serenità, la gioia…
Apri l’uscio e usci di casa, e pianse cosi tanto che le sue lacrime lasciarono l’impronta sulla neve: si ripromise che il suo Natale sarebbe cambiato, andò ad ascoltare i cori e poi tornò a casa… Durante la notte, davanti alla casa di Tone una strana pianta crebbe all’improvviso, e fra le verdi foglie c’erano delle piccole bacche colore della perla. erano le lacrime di Tone che avevano dato vita al Vischio.

Con il vischio si può combattere l’ipertensione. Fate il vino di vischio, macerando 40 grammi di foglie fresche in un litro di vino bianco per otto giorni, poi filtrate; bere un bicchierino prima di ogni pasto.
Per le donne, per attenuare i disturbi della menopausa, è ottimo l’infuso di vischio: mettere 15 grammi di foglie fresche battute in un litro d’acqua bollente per circa 10 minuti e bere durante l’arco delle 24 ore (ripetere per 10 giorni al mese).

 

La terza pianta connessa al Natale è l’Agrifoglio, un sempreverde con bellissime bacche rosse, molto decorativo.
Nel Medioevo era associato al diavolo, per via delle foglie spinose, ma in ogni altro periodo e presso ogni popolo è sempre stato amato da tutti, perché le allegre bacche colorano i boschi in pieno inverno. I Romani ne decoravano la casa nel periodo dei Saturnali, i Germani appendevano fasci di rami di agrifoglio sulle porte per attirare la fortuna ed allontanare gli spiriti maligni; i Celti se ne offrivano mazzetti come simbolo di rigenerazione.

 

Autore: Katia
Messo on line in data: Dicembre 2004