SPECIALE NATALE: I RE MAGI di Mariva
Gli ultimi ad arrivare nei nostri presepi di bambini erano loro: i Re Magi. Con i mantelli colorati, i turbanti, le lussuose vesti intessute d’oro, i doni preziosi e i cammelli, venivano posti sempre più vicino alla capanna, un po’ alla volta ogni giorno, e noi li guardavamo estasiati perché erano l’Oriente, un mondo lontano delle cui ricchezze si favoleggiava, erano l’avventura (nell’immagine sopra, “Adorazione dei Magi” di Andrea Mantegna (1431- 1506), Trittico degli Uffizi, Galleria degli Uffizi, Firenze).
Eppure, tra i Vangeli canonici solo quello secondo Matteo ne parla (Matteo, 2, 1-12):
Dopo che Gesù nacque a Betlemme in Giudea, al tempo del re Erode, ecco giungere a Gerusalemme dall’Oriente dei Magi, i quali domandavano: “Dov’è il neonato re dei Giudei? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”. All’udir ciò, il re Erode fu preso da spavento e con lui tutta Gerusalemme.
Convocati i sapienti del suo regno, Erode chiese se davvero c’era un Messia e dove era nato. I sapienti indicarono Betlemme, perché un profeta aveva vaticinato:
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei la più piccola
fra i capoluoghi di Giuda.
Da te uscirà un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.
Avuta la conferma dei suoi peggiori incubi, Erode decise di servirsi proprio dei Magi per saperne di più e correre ai ripari nei confronti di quello che prometteva di sostituirsi a lui.
Allora Erode chiamò segretamente i Magi e chiese ad essi informazioni sul tempo esatto dell’apparizione della stella; quindi lì inviò a Betlemme, dicendo: “Andate e fate accurate ricerche del bambino; qualora lo troviate, fatemelo sapere, in modo che anch’io possa andare ad adorarlo”. Essi, udite le raccomandazioni del re, si misero in cammino. Ed ecco: la stella che avevano visto in Oriente li precedeva, finché non andò a fermarsi sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, furono ripieni di straordinaria allegrezza ed entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre e si prostrarono davanti a lui in adorazione. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono oro, incenso e mirra.
A questo punto, i Magi furono avvertiti da un sogno di non tornare da Erode a riferire del bambino, per cui se ne tornarono nel loro paese per un’altra strada. Il pericolo non era passato, perché Erode, attesi invano i Magi, capì di essere stato ingannato e decise la strage degli innocenti; Gesù scampò all’eccidio, perché un angelo spinse la sacra famiglia a fuggire in Egitto.
Cosa vuole indicarci Matteo con il suo racconto? Solo l’adesione a quanto presente nelle profezie? Nel loro non essere Giudei, un’anticipazione dello scontro che la figura di Gesù avrà con il potere politico e religioso?
In positivo la figura dei Magi indica la ricerca della Luce, della Verità e, in quanto sacerdoti di altra religione, la presenza di un messaggio universale in grado di riconoscere in Gesù l’unico Dio.
Nell’immagine a lato,
“Epifania” di Giotto (1267- 1337), Cappella degli Scrovegni, Padova
Nessun cenno ai Magi viene fatto negli altri Vangeli canonici; al contrario, la storia è ripresa dai Vangeli Apocrifi e la diffusione in quadri, pitture e racconti di questa e di tante altre storie, solo da loro raccontate, è indice di quanto questi Vangeli facessero parte della tradizione popolare, anche se non di quella ufficiale. Per tutti i testi essi non sono tre e neppure re, ma Magi, cioè saggi, sapienti e astrologi venuti dall’Oriente, probabilmente sacerdoti di Zoroastro venuti dalla Persia per portare al Bambino i loro omaggi.
Dato che erano stranieri non Giudei, certamente non a conoscenza della profezia presente nelle Sacre Scritture, in che modo erano venuti a conoscenza della divina nascita?
Nel Vangelo arabo-siriaco dell’infanzia i Magi arrivano avvertiti da una profezia di Zoroastro; nel Vangelo Armeno, invece, vengono avvisati da un angelo che è il momento di mettersi in viaggio, essendo stato appena concepito il divino Bambino. E dopo nove mesi esatti arrivano a destinazione. Questo è il primo testo che afferma che i Magi erano tre e che erano re: Gasparre regnava sugli Arabi, Baldassarre sugli Indiani, Melchiorre sui Persiani. Oltre ai soliti doni, oro, incenso e mirra, essi portano anche libri scritti e sigillati dalle mani di Dio. Interrogati da Erode su come abbiano avuto la notizia, essi rispondono di possedere, da tempo immemorabile, un libro profetico dato ad Adamo da Dio, alla momento della nascita del terzo figlio Seth (dopo la tragica morte di Abele e l’esilio di Caino). Attraverso i secoli il libro è passato per varie mani, fino ad arrivare ai sovrani della Persia, che lo hanno letto e hanno informato i sacerdoti della profezia. Per questo sapevano in anticipo della nascita. I Magi consegnano a Gesù il libro.
Anche nella Cronaca di Zuqnin si narra che i Magi si tramandavano di padre in figlio una profezia:
Aspettate una luce che sorgerà da Oriente, luce della Maestà del Padre, una luce che sorgerà in aspetto di stella sopra il Monte delle Vittorie e si fermerà sopra una colonna di luce dentro la Caverna dei Tesori dei Misteri Occulti.
Per questo i dodici più saggi tra loro salivano ogni anno sul Monte delle Vittorie, in attesa dell’evento, finché un giorno essi videro qualcosa di
simile a una colonna di luce ineffabile scendere e fermarsi sopra la caverna… E al di sopra di essa una stella di luce tale da non potersi descriverere: la sua luce era molto maggiore del sole, ed esso non poteva competere con la luce dei suoi raggi.
Era arrivato il momento che aspettavano da secoli.
Nell’immagine a lato,
“I magi”, chiesa di Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna
Proprio come maghi venuti dalla Persia li vediamo rappresentati in questo mosaico di Ravenna con i loro abiti tradizionali: mantelli, brache e, soprattutto, il berretto frigio.
Il termine mago deriva dal greco magos e indica non necessariamente solo esperti di arti magiche, ma sacerdoti zoroastriani, saggi, sapienti, studiosi di astrologia. Il loro numero, già indicato nel Vangelo Armeno, fu ufficialmente fissato in tre (numero magico per eccellenza) da Origine nel III secolo: tre come le età dell’uomo (Gaspare il giovane, Melchiorre l’uomo adulto, Baldassarre il vecchio), come le razze (bianca, gialla e nera), come le regioni del mondo allora conosciuto. Tre come i loro doni a Gesù: l’oro, tributo al re d’Israele; l’incenso, tributo a un capo religioso; la mirra, simbolo di morte e resurrezione.
Nell’immagine sopra,
“Adorazione dei Magi” di Albrecht Durer (1455- 1528),
Galleria degli Uffizi, Firenze
Particolarmente significativo è l’ultimo dei doni, la mirra. Nell’opera di Durer vediamo che essa è contenuta in un vaso con un serpente sul coperchio, simbolo della morte che Gesù sceglierà per redimere l’umanità. Ma la mirra era base per unguenti usati sia a scopo cosmetico che medico e religioso, in particolare nei processi d’imbalsamazione per conservare i corpi, per cui già preconizza la resurrezione.
Tutti d’accordo, allora? Certamente no: c’è chi pone il loro numero a due, chi a più di tre, chi parla di Esseni…
Henry van Dyke, in un suo famoso racconto (The Story of the Other Wise Man) narra di un quarto Re Mago, Artaban de Médée, che voleva portare a Gesù le tre pietre più preziose: venduti tutti i suoi averi con pagarle, si incamminò per unirsi agli altri tre, ma sulla sua strada incontrò persone bisognose e dovette sacrificare, una dopo l’altra, le tre pietre. Il suo viaggio verso Gesù, quindi, si rese vano, ma più tardi Egli gli comparve davanti per rassicurarlo: aiutando estranei in difficoltà, aveva comunque incontrato Gesù.
Leggende russe e finlandesi dicono che il quarto Re Mago è… Babbo Natale: non avendo potuto vedere la cometa per via della distanza, non si è recato a Betlemme, ma comunque porta doni ai bambini ogni Natale. Spetta allo scrittore francese Michel Tournier il quarto mago più insolito: è Taor, principe di Mangalore, nel Sud dell’India. Partito per scoprire la ricetta di un dolce, il loukoum al pistacchio, girò tanto a lungo da arrivare trentatrè anni dopo la nascita di Gesù, in tempo per scoprire l’Eucarestia.
Nel Rinascimento, i Magi sono ormai decisamente re, vestiti con ricchezza e sfarzo, quando non addirittura pretesto per rappresentare, come nel magnifico quadro di Benozzo Gozzoli, eventi a gloria del committente, in questo caso la famiglia dei Medici.
Nell’immagine sopra,
“Il corteo dei magi” di Benozzo Gozzoli (1421- 1497),
Palazzo Medici Riccardi, Firenze
Anche i Magi non potevano sfuggire al culto delle reliquie e qui la storia si fa tutta europea, anzi, italiana. E’ tradizione milanese che nel 330, con l’accordo dell’imperatore Costante, il vescovo di Milano Eustorgio abbia fatto giungere i resti dei magi dalla basilica di Santa Sofia, per traslarli nella chiesa che poi gli sarebbe stata dedicata. Chi volesse venerare i loro corpi, però, andrebbe deluso, perché il sarcofago è vuoto: nel 1164, dopo una delle numerose guerre con i milanesi, l’Imperatore, oltre a fare distruggere le mura e altri monumenti, fece spostare le salme nel duomo di Colonia, dove ancor oggi sono conservate (tranne una piccola parte restituita nel 1903 ai milanesi).
A Milano, comunque, la mattina dell’Epifania, ancora oggi un corteo in costume accompagna i tre Re Magi dalla Basilica di San Eustorgio al Duomo, ove viene celebrata una messa solenne.
I cortei di rievocazione del viaggio dei Magi sono numerosissimi e non solo in Italia, ma in tutta Europa, in particolare Spagna e Portogallo. L’Epifania è l’occasione, nel ricordo dei doni dei Re Magi, per portare doni a tutti i bambini buoni, carbone ai cattivi e prosperità ai grandi, tradizione in parte soppiantata dal “nordico” Santa Klaus.
Autore: Mariva
Messo on line in data: Dicembre 2007
Bibliografia
– Vangelo secondo Matteo, Edizioni San Paolo, 2003.
– Moraldi Luigi, Vangeli Apocrifi, Edizioni Piemme, 1996.
– Cattabiani Alfredo, Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno, edizioni Rusconi, 1988.