I TAROCCHI MOTIVAZIONALI (QUINTA PARTE) di Carlo De Rossi

Il Papa

 

L’incontro con se stessi significa anzitutto l’incontro con la propria Ombra.
L’Ombra è, in verità, come una gola montana, una porta angusta
la cui stretta non è risparmiata a chiunque scenda alla profonda sorgente.
Ma dobbiamo imparare a conoscere noi stessi per sapere chi siamo(C.G. Jung, 1936)


In questo articolo voglio affrontare un tema fondamentale per lo studio dei Tarocchi, l’Ombra. Con il termine Ombra ci riferiamo all’insieme delle funzioni e degli atteggiamenti non sviluppati (o non integrati) della personalità; ‘occulti’ perché a noi sconosciuti, talvolta inaccettabili, spesso pulsionali e istintivi. Il percorso di conoscenza dei  Tarocchi dovrebbe necessariamente partire da una analisi del lavoro junghiano sull’Ombra e sulla sua funzione di integrazione nella personalità dell’individuo, per poi sperimentare una sorta di ‘ipnosi’ concentrandosi su ciò che è ritratto sugli Arcani. Prendendo in prestito le parole di Osho:

I Tarocchi possono fare miracoli se tu non lasci che la mente interferisca. E il modo perché la mente non interferisca è quello di non interpretare ma di visualizzare, non di avere significati fissi e prestabiliti per le carte ma di affidarti alla tua intuizione.

Poniamo che un consultante abbia estratto la carta del Papa e che racconti ciò che vede:

 C’è un Papa che ha davanti a sé delle persone che chiedono un favore. Lui le benedice. E’ serio, stanco.. Non ce la fa più ad avere questo potere. Vorrebbe andarsene. E’che si preoccupa troppo per gli altri. E’ un problema perché la solitudine è tanta (…)

Conoscendo il consultante, appare chiaro che nella descrizione e nella successiva elaborazione dei vissuti, abbia parlato di sé e del proprio lavoro.  Ogni volta che una carta viene descritta, inevitabilmente parti della propria personalità emergono e ci parlano di noi.

Nell’immagine a lato,
Il Papa dei Tarocchi di Wirth

L’Ombra, in questo caso, è rappresentata dal conformismo, dal senso del dovere che rischia di soffocare slanci e desideri personali. In alcuni casi, si può arrivare a forme di autodistruttività, aggressività eccessiva, apatia. Ci sono dei richiami al padre (spesso la carta è associata a questo), all’essere guida. Come archetipo, il padre è “l’uomo potente in forma di eroe, capotribù, mago, medico e santo, il signore degli uomini e degli spiriti, l’amico di Dio” (Jung, LIo e l’inconscio, 1928). L’ autorevolezza della figura ci spinge a rivedere le nostre priorità e la scala di valori. Se, da un lato, il Papa suggerisce elevatezza e rigore morale, dall’altro ci spinge a cercare in noi quella scintilla divina che ci consentirà la piena realizzazione (e che nasce dal bisogno infantile di riconoscimento). 

Jodorowsky fa dire al Papa:

Ho pacificato i miei desideri, ho trasformato questo branco di lupi affamati in un volo di rondini che festeggiano l’alba con il loro canto. L’oceano tumultuoso che mi agitava il cuore l’ho trasformato in un lago di latte, sereno e dolce come quello che sgorgava dal seno della Madonna. Chiunque abbia sete può venire a bere dal mio spirito. Non nego nulla a nessuno. Sono la porta che può essere aperta con tutte le chiavi. Chiunque entri nella mia Anima, potrà  proseguire fino al limite estremo dell’Universo, fino alla fine dei tempi: sono l’ultima frontiera tra le parole e l’impensabile.

Ecco quindi che l’Arcano è simbolicamente l’ultima frontiera, un ponte (infatti in latino pontefice significa ‘essere un ponte’) tra la consapevolezza e l’inconscio, tra la luce e l’Ombra.  Un ottimo esercizio per individuare le proprie proiezioni, come suggerisce Corinne Morel – docente all’Università Lumière di Lione – è quello di scrivere le impressioni e le emozioni relative alla carta che stiamo osservando. Provando a far parlare la carta, come indicato da Jodorowsky. Rispecchiamoci (lo farò io per voi):

Sono un punto di riferimento e dovrei indicare la strada, anche se spesso non c’è nessun percorso risolutivo. Sono davvero tollerante o sono ancora troppo umano per accettare i miei simili fino in fondo? So di non fidarmi completamente delle loro affermazioni. Vogliono essere aiutati e io ci provo: solo a parole, forse. Lo so, non basta. Però quelli che hanno davvero bisogno stanno da soli, non cercano surrogati o spalle su cui piangere. Sono un terapeuta che vive di continue ripetizioni, disturbato dalle incongruenze e dalle contraddizioni di chi riversa su di me le proprie carenze. Mi sento usato, certo, ma fa parte del gioco. E’ la legge della domanda e dell’offerta. Mi proteggono le mie regressioni e l’ironia. E l’isolamento mi è congeniale.

Deve essere chiaro che siamo noi i servitori degli Arcani e non viceversa. Spazzando via l’ego e ogni presunzione di dominio su di essi, lentamente si svelano (e ci svelano). E’ un processo lento e articolato, come ogni innamoramento: c’è attrazione, poi sorpresa nel reciproco rispecchiamento e, infine, una inspiegabile alchimia che si materializza nel colpo d’occhio, nel sincronismo di certe rivelazioni. Se non si è scesi in profondità e non si è fatto tesoro degli avvenimenti vissuti, non può esserci risonanza. E’ un misto di luce e buio, in definitiva. E la domanda è sempre la stessa: cosa sei disposto a fare delle tue tenebre e del tuo sole? Ed ecco ritornare l’Ombra junghiana e le relative proiezioni e scissioni, riassunte bene da Trismegisto: “Trarre il raggio dall’ombra, o gran lavoro!”.

Autore: Carlo De Rossi
Messo on line in data: Settembre 2019