TRE MADRI, UNA DONNA di Daniele Pollero

Una lettura attuale de L’eterno femminile di Rudolf Steiner

Io ho ferma speranza di trovar nel tuo nulla il mio tutto.
Goethe, Faust

Tantissimo tempo fa, quando il mondo era ancora avvolto da veli di magia e mito, Osiride regnava sugli uomini d’Egitto. Un re forte, virtuoso, valoroso, attento, misericordioso, felice nel suo dare felicità.
La grande donna che stava “dietro”, accanto, a questo grande uomo era niente meno che Iside, sua sorella e consorte.
Un quadretto felice, dai contorni oscillanti fra il divino e l’umano, destinato a essere frantumato in mille pezzi dall’invidia di un fratello, Set.
Set uccise Osiride due volte: prima affidandolo al gelido abbraccio delle acque, sigillato in una cassa, e poi facendolo in mille pezzi. Alla prima esecuzione pose rimedio la disperata Iside; alla seconda, non vi riuscì. Tutto ebbe termine. Fino a un certo punto.

I mille brandelli di Osiride vennero sepolti in altrettante tombe, e il suo trono tornò a splendere su un nuovo regno, quello dell’oltretomba. Da questa nuova dimora al pianeta Terra, dall’aldilà ai deserti d’Egitto, avvenne un qualcosa di eccezionale, destinato a essere replicato milioni e milioni di volte nel corso della storia dello spirito e del simbolo: un raggio.
Un raggio che parte da Osiride e arriva, preciso, al capo di Iside, per fecondarla e dar vita al nuovo re terreno, Horus.
Horus giudicherà corpo e anima dell’uomo sulla terra, mentre la stessa anima, dopo la morte, si libererà da spoglie mortali per raggiungere un nuovo severo giudizio, quello di Osiride, e in definitiva il suo stesso status divino.

Ovviamente lo stato “osirideo” dell’anima umana era raggiungibile anche prima del trapasso da particolari iniziati in odore di chiaroveggenza, i quali, come insegnano tutti i principali credi anteriori e posteriori, imparavano a sciogliere i lacci dei sensi già in vita. È un percorso possibile: difficile, doloroso, coraggioso, forse non sempre opportuno, ma possibile.
In ogni caso, eccezioni a parte, il quadro metafisico era definitivamente fissato: due regni, un anima in grado di attraversarli. Chiaro.

Ma l’anima, l’anima che cos’è? Tutto ciò che in qualche modo ci eleva, ci nobilita, ci perfeziona interiormente, fa bene all’anima.
L’anima è fuoco: parte dal basso, ma la sua direzione è verso l’infinito di altezze vertiginose. Se rettamente condotta, essa punta verso l’alto, verso l’oltre, verso Osiride.
In ultima analisi, l’anima è Iside: l’eterno femminile che alberga in noi.
L’anima-Iside, raggiunto quel pilastro dell’Essere che è la libertà (libertà da tutto ciò che è terreno, transitorio, provvisorio, instabile), viene fecondata dall’alto e genera Horus, l’uomo nuovo.

Nel mondo originario dello spirito era tutto più facile, più immediato. Adesso solo l’iniziazione in vita o il destino dopo la morte possono riportarci a determinate intimità con il divino, ma non dobbiamo mai dimenticare che v’era il tempo in cui Iside faceva l’amore con Osiride: oggi, l’anima è eloquente simbolo di ciò che è rimasto di quella passione travolgente. Se pensiamo alla fecondazione, non possiamo non fare riferimento a un altro processo, che tutta l’antichità usava accostarle: la conoscenza.
Quando la conoscenza ci penetra, feconda la nostra mente e le fa produrre forme nuove. Poco importa che i suoi raggi vengano dall’alto del ricordo o dal basso della sensazione, su questo si scanneranno (e si scannarono) i filosofi. Il dato di fondo è questo: i raggi della conoscenza sono altro da noi, come Osiride era altro da Iside e dai suoi “pari” umani. La fecondazione spirituale da altro non può derivare che dal divino.

Voltiamo per un istante pagina, e saltiamo a quel gioco di richiami che fu il romanticismo tedesco: vediamo un uomo, vediamo Goethe, impegnato a lasciare qualcosa di sublime ai posteri.
Vediamo il Faust, e vediamo il suo protagonista discendere nel regno delle Madri, alla ricerca della pura bellezza. Mefistofele gli consegna le chiavi del regno, ma non osa accostarsi, non può: è la rappresentazione di tutto ciò che è materialista, tutto ciò che non può neanche accedere alla soglia del sublime senza insozzarlo.
Faust invece può provarci, è il puro spirito, quello che spera, crede e sa di trovare nel nulla il suo tutto.

Il regno delle Madri è un mondo molto particolare: per bussare alla sua porta, è necessario lasciarsi alle spalle lo spazio-tempo comunemente inteso.
È un mondo “dietro”, in controluce, rispetto a quello quotidianamente visibile con gli occhi del corpo. La fregatura è che noi siamo spiritualmente ciechi. Se non lo fossimo, ci verrebbe spontaneo ammirare la danza incessante degli Esseri invisibili che si muovono intorno a noi, come le Madri.
Con opportuni esercizi di meditazione, è possibile spalancare gli occhi dello spirito per viaggiare fra i mondi e vedere, vedere… nulla.
Per vedere nulla, perché nel mondo dello spirito non c’è alcuna forma immediatamente riconoscibile o classificabile, solo intrecci e continue metamorfosi. Il mondo spirituale non mostra, suggerisce. Il mondo spirituale è completamente diverso da quello fisico, ma genera tutte le forme che poi, addensandosi e alienandosi dallo sfondo, vanno a popolare quest’ultimo.

L’intero contenuto del Faust è riassunto nel “Coro mistico” in cui l’anima viene definita in un modo molto familiare: il femminile eterno.
Femminile eterno che riceve potere generativo dal Padre cosmico per generare il Figlio della Sapienza. Ma del resto, cosa vediamo nelle innumerevoli raffigurazioni pittoriche e artistiche della Madonna? Vediamo un’immagine che molte culture hanno espresso, da Oriente a Occidente: la maternità archetipica e divina che nutre il bambino.

Ora, il sentiero che va da Iside alla Madonna, attraverso Goethe, è molto più chiaro. L’una rimanda all’altra, e la chiarisce in tutte le sue manifestazioni: ma cosa sono questi eterni femminili, se non ciò che ci muove e vivifica? Le Madri di cui ci parla Goethe nel suo capolavoro sono esattamente tre: Tre Madri.

La madre che noi vediamo fisicamente tutti i giorni, quella che ci ha dato la vita e ci ama, altro non è che l’ultima incarnazione di una forma pura che dai primordi a oggi si vuole tripartita.
Del resto, non è raro osservare raffigurazioni in cui Iside assume proprio tre forme diverse, in un climax ascendente di “grado” spirituale: quella che nutre il bambino (analogamente alla Madonna), quella cornuta e alata che gli porge la croce ansata, l’ ankh, e quella dalla testa leonina.
L’eterno femminile tripartito, l’anima tripartita.
Vi ricordate quello che sosteneva Platone, per bocca di Socrate, nella Repubblica? La stessa identica cosa: anima impulsiva, annidata nelle viscere, anima emotiva e carica di sentimento, anima razionale e saggia. Con quest’ultima chiamata a comandare sulla prima, con il fedele sostegno della seconda.

Per quale motivo sarebbe utile attualizzare al 2015 la religione egizia, la Madonna cristiana, Goethe e Platone, accostandoli nello stesso menù culturale?
Vero, sono (o dovrebbero essere) argomenti sempre attuali, ma è utile esercizio, anche solo immaginativo, legare le loro parole al concreto della vita di tutti i giorni. Accosti Rudolf Steiner e le sue conferenze sull’eterno femminile. Poi apri i quotidiani, leggi di femminicidio e di violenza sulle donne, e allora ti sorgono spontanei degli interrogativi.
A che punto di distacco siamo arrivati, dal mondo spirituale che ci ha donato forma e consistenza?
Com’è possibile ferire una donna senza rendersi conto che stiamo ferendo noi stessi, perché un livido su pelle femminile è un livido che imprimiamo a fuoco su qualcosa che è già dentro di noi, da sempre? Un livido sulla nostra anima?

Come si fa a non riconoscere nel femminile l’eternità di uno spiraglio divino che, attraverso la sua mediazione, ci testimonia in ogni istante la sua esistenza, la sua presenza?
Come facciamo a non vederlo?
La conoscenza è fecondità, dicevamo.
La conoscenza non è un morto vivente che si aggira senza pace in aule vuote, in attesa di mietere vittime. La conoscenza non fa paura, perché risiede spesso nelle parole semplici del racconto della nostra vita di creature umane, che sia in forma storica, filosofica, letteraria, artistica in generale.
Non esitiamo ad accogliere il suo seme, per guardare alla vita con nuovi occhi.

Autore: Daniele Pollero
Messo on line in data: Aprile 2015

Bibliografia
– R. Steiner, L’eterno femminile. Iside, Maria, Beatrice: volti immortali dell’anima umana, Edizioni Archiati Verlag, München.
– J.W. Goethe, Faust, Edizioni Mondadori, Milano, 2012.
– Platone, Repubblica, in Tutti gli scritti, Edizioni Bompiani, Milano, 2008.